Nell’ultimo decennio
del secolo scorso, il settimanale cuore, in un picco di grazia satirica,
produsse il titolo “Via lo Stato dalla Mafia”, immaginando uno striscione
portato in corteo dall’ala radicale di Cosa Nostra. La satira è diventata
realtà il 19 luglio scorso quando, durante la 23esima manifestazione in onore di
Paolo Borsellino e della sua scorta, è sfilato lo striscione “Via la Mafia dall’Antimafia”,
inalberato da un gruppo di “militanti della verità” sulla strage. Incredibile
vero? Quanto tempo è passato dall’antimafia come “professione” immaginata da
Leonardo Sciascia nel lontano 1987; qui siamo all’”Antimafia is the New Mafia”,
come se guardassimo una serie televisiva americana, quelle che anticipano la
realtà. In realtà è veramente indisponente oggi a Palermo. La mafia non compare
più sulla scena, ormai da parecchio tempo (a parte quel residuo folklore locale
alimentato dall’interminabile latitanza di Matteo Messina Denaro). Tutta la
cronaca è occupata dall’Antimafia nelle sue varie declinazioni. C’è Crocetta,
che si definisce “il primo governatore antimafia della Sicilia” accusato di
essere rimasto in silenzio di fronte a una frase terribile pronunciata da un
suo amico medico. Il quale peraltro va in giro con una T shirt in cui si
definisce “partigiano della Costituente”, è un simpatizzante della formazione
politica di Antonio Ingroia e buon amico dei pm della procura più esposta
d’Italia. Ci sono Confindustria e Confcommercio, recenti new entries della legalità che son come minimo, doppiogiochiste,
con tanto di dirigenti affiliati ed
estorsori, che appaiono essere al vertice di grandi scelte economiche,
naturalmente non proprio trasparenti. C’è la denuncia di una scandalosa
gestione dei beni (miliardi in euro) confiscati alla mafia, in cui in pratica
mafia e antimafia si comportano come soci in affari. Ci sono le inchieste che
sonnecchiano, i depistaggi non puniti, i “cerchi magici”, le “cordate”, i falsi
comitati antiracket, i falsi costruttori coraggiosi, le carriere troppo rapide,
le false icone; tra un po’, c’è da esserne certi, si parlerà di “cosche”
dell’antimafia e di “logge coperte” dell’antimafia. Tutti, naturalmente, fanno
riferimento ad ali dei servizi, e si posizionano qui e là rispetto al Partito
della nazione, come nel secolo scorso la mafia si rapportava alla Democrazia
cristiana. Uno sguardo d’insieme ai siti di informazione siciliani o la
partecipazione a discussioni di “esperti in materia” (ovvero un buon terzo dei
cittadini siciliani) vi confermerà l’inaudito: per la prima volta nella storia,
della drammatica situazione dell’isola ( ed è drammatica davvero, povertà e
disoccupazione sono palpabili), nessuno dà colpa alla mafia, ma – con dovizia
di particolari, dettagli, biografie – ai vari esponenti dell’Antimafia, in
specie quella politica. Riuscirà l’Antimafia a governare la Sicilia e a fare
per l’isola qualcosa di buono? L’avvenire è sicuramente incerto. E, a leggere i
sondaggi, se si votasse oggi, i partiti sarebbero spazzati via e vincerebbero i
Cinque Stelle.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 31
luglio 2015
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