Erano Ottantatrè, sessanta ministri della cultura di tutti i Paesi del mondo e
ventitré membri di delegazioni, convitati dal nostro ministro Franceschini
all’Expo. In due giorni hanno visitato anche la fondazione Prada, si sono
goduti una serata alla Scala, hanno ammirato il Cenacolo. Ma hanno anche
discusso: ciascuno doveva parlare quattro minuti e (miracolo) tutti sono stati
nei tempi, forse si erano allenato su Twitter. C’era da chiedersi se oggi i
problemi fondamentali di una società globale non siano il terrorismo, le
guerre, l’economia, la fame, i mutamenti climatici. E allora perché riunirsi a
discutere sui beni culturali? Non è forse vero che, come aveva affermato anni
fa un nostro uomo politico italiano, “con la cultura non si mangia”? A Parte Il Fatto Che i beni culturali costituiscono un prezioso incremento allo sviluppo
economico di città come Parigi, New York, Berlino, nella riunione milanese si è
parlato anche di terrorismo e si sono discusse possibili attività comuni per la
tutela di patrimoni artistici minacciati dai fondamentalisti musulmani – e con
particolare vigore da parte di ministri musulmani. Ma l’evento serviva a
ricordare come l’incremento dei beni culturali sia oggi (più di ieri)
fondamentale per la convivenza in un mondo in cui le diverse culture vivono in
continuo contatto. Il mondo è sempre stato attraversato da incomprensioni
culturali: sino alla provocazione delle avanguardie a inizio del ventesimo
secolo l’Europa giudicava barbara e incomprensibile l’arte africana, la gente
comune in Europa giudicava deliranti e impudiche, quando gli capitava di
vederne una foto, le sculture erotiche sui templi indiani, e i cristiani si
scandalizzavano perché in certe religioni si rappresentavano divinità in forma
di animale. dimenticando che l’occidente cristiano ha per secoli rappresentato
lo Spirito Santo in forma di colomba. Ora Qualcosa E’
Cambiato. E
all’origine non vi è stata solo (e da più di un seolo) l’antropologia culturale
che ha indotto gli occidentali a conoscere e capire le altre culture; è che da
almeno mezzo secolo c’è stato l’incremento dei trasporti e pertanto il turismo
di massa (persino quello coatto dei migranti). Torme di giapponesi visitano il
Cenacolo leonardesco e torme di europei scoprono le Piramidi o i templi
asiatici. Siamo di fronte a un viavai continuo di popoli che imparano a
conoscere le bellezze prodotte da genti di cui sino ad allora non sapevano
nulla. Non Dobbiamo Fingerci “anime belle” e pensare che
attraverso il contatto culturale si possano salvare i bambini che muoiono di
fame in Africa. Però non dimentichiamo che è stato anche su sollecitazioni
culturali che molti generosi volontari hanno capito la civiltà di tante
popolazioni depresse e sono andati a prestare la loro opera presso coloro che
hanno considerato, comprendendo una cultura differente, uguali a loro. Ecco
perché in un mondo dominato ancora da conflitti militari ed economici, anche la
diffusione della cultura e la conoscenza reciproca dei beni culturali di ogni
Paese, può avere una funzione positiva e costituire uno, anche se uno soltanto,
degli elementi di distensione per un mondo sempre più globalizzato.
Umberto Eco – La bustina di Minerva www.lespresso.it – L’Espresso 13 agosto 2015
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