Il Conto Alla Rovescia per l’apertura dell’Expo milanese è
ormai questione di una manciata di giorni. Dopo tanti scandali e vicissitudini
frustranti ci si può solo augurare che tutto vada per il meglio. Alla fine,
come dicono gli inglesi: “Right or wrong, my country”. Ma nemmeno il più
generoso dei patriottismi può far sorvolare sulle incongruenze dell’approccio
italiano al bel tema centrale della manifestazione: l’alimentazione nel pianeta
Terra. Al riguardo il ministero delle Politiche agricole e forestali ha
indicato come priorità la difesa della “specificità” delle produzioni
agro-alimentari nazionali. Scelta che si sostanzia nel ribadire il più fermo
divieto all’uso di sementi geneticamente modificati (Ogm). Che quella della
biodiversità domestica sia una bandiera non v’è dubbio: il nostro paese una
quantità di prodotti d’eccellenza da far invidia al mondo intero che, infatti,
si cimenta spesso in truffaldini tentativi di imitazione.(..). La catena
alimentare che porta alla produzione di beni di largo consumo – quali latte,
formaggi, carni e salumi – fa capo a due fondamentali nutrimenti per gli
animali: il mais e la soia. Ebbene la produzione nazionale al riguardo è da
tempo largamente carente per cui da anni il deficit viene colmato con
importazioni dall’estero. Nel caso della soia le cifre sono addirittura
impressionanti perché gli acquisti oltre confine sfiorano ormai il novanta per
cento del fabbisogno interno. Quanto al mais la situazione sta progressivamente
peggiorando: una dozzina d’anni fa ce la facevamo da soli, ora l’autonomia
nazionale è scesa attorno al 60 per cento. E Qui Scatta la trappola: gra parte di queste
importazioni di mais e soia viene fatta da paesi che fanno ampio ricorso alle
coltivazioni Ogm, come qualche listino delle Borse Merci ha almeno il pudore di
confessare. Questa malcelata verità apre la strada a una serie di incresciose
deduzioni. La prima: alla faccia dei divieti e delle prediche identitarie del
ministero, sulle tavole degli italiani i prodotti da Ogm sono presenti in massa
ovvero li si mangia ma non li si può coltivare. La seconda è che, quando si
avvolge nella bandiera della biodiversità italiana, il ministro Martina finisce
per vestire i panni vuoi del candido negligente vuoi del candido ipocrita:
scelga lui. La terza è che questa dipendenza dagli Ogm altrui ha tutte le
premesse per aggravarsi. Intanto, Perché le coltivazioni Ogm vantano una
competitività inarrivabile con rese per ettaro superiori fino al 50 per cento
rispetto alle colture naturali. Con tali riflessi ribassisti sui prezzi da
emarginare gli agricoltori tradizionali. Poi c’è il piccolo particolare che
Bruxelles ha demandato a scelte nazionali il via o lo stop alle semine Ogm e
così presto avremo importazioni di mais Ogm, per esempio dalla Spagna, ancor
meno arginabili di quelle extracomunitarie. Infine, col passare del tempo, il
gap italiano risulterà sempre più incolmabile perché al divieto domestico di
coltivazione si è pure accompagnata la paralisi della sperimentazione
scientifica in materia. Non so quali novità potranno venire dall’Expo per
l’alimentazione del pianeta, ma per l’Italia già sarebbe un successo se si
riuscisse a liberare la nostra agricoltura dalla tassa occulta del tartufiamo
ministeriale in tema di Ogm.
Massimo Riva – Avviso ai naviganti – www.lespresso.it – 16 aprile 2915
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