C’è Una Parabola che fa sempre vibrare l’ugola ai
politici italiani, di destra e di sinistra, di centro e di lato: il merito. La
declamano in tutte le interviste, la infilano nei programmi di governo, e su
quella parola promettono d’edificare una società più giusta, più
“meritocratica”. Dopo di che ci chinano sulle loro scrivanie, vergano leggi e
decreti,e puntualmente il merito genera il trionfo del demerito. Un delitto,
oltre che un inganno. Perché quella parola riassume la rivoluzione dei talenti
iscritta nella Déclaration del 1789: “I cittadini sono ugualmente ammissibili a
tutti gli incarichi e impieghi pubblici secondo le loro capacità, e senza altra
distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti”. E perché il merito
risuona nell’articolo 97 della nostra Carta,dove si prescrive la regola aurea
del concorso per accedere agli uffici dello Stato. Un antitodo contro i
favoritismi, disse Terracini alla Costituente: vince il iù bravo, non l’amico
dei padroni. Applicando peraltro una lezione che risale a Bentham, nonché al
suo allievo John Stuart Mill: la procedura concorsuale assicura la scelta dei
migliori, soddisfa il principio d’eguaglianza, garantisce l’imparzialità
dell’amministrazione. Ma tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo una leggina.
O una leggiona, come quella sulla Buona Scuola battezzata dal governo. Promette
l’assunzione di 100 mila precari, però lascia a piedi gli unici che uno
straccio di concorso l’avevano davvero superato: 6.300 povericristi, gli idonei
del concorso del 2012. Un concorso bandito 23 anni dopo quello precedente, e
fra i più selettivi, dato che lo passò il 7% appena del 321 mila candidati.
(..)….poichè il Consiglio di Stato (sentenza n.14 del 2011) ha sancito il buon diritto
degli idonei a ricoprire il posto, sempre che l’amministrazione decida di
allargare i ranghi. Ora lo fa con una maxisanatoria dei precari. Tuttavia
pescando dalle graduatorie a esaurimento, dove sono iscritti laureati e
diplomati,corsisti e abilitati, nonché un gran numero di persone respinte
all’ultimo concorso, che la Consulta ha reso sempre più stringente (sentenza
n.195 del 2010). (..). Per il principio dell’affidamento che ogni cittadino
deve nutrire sugli impegni dello Stato: se una legge dice che la graduatoria
durerà tre anni, un’altra legge non la può abrogare. O più semplicemente questa
soluzione normativa è incostituzionale perché suona al contempo irrazionale, se
non paradossale. La Buona Scuola stabilisce che in futuro l’assunzione dei docenti
avverrà soltanto per concorso, e che le graduatorie dei concorsi durano tre
anni; ma intanto contraddice il futuro disponendo sul passato. E se poi il
governo deciderà con le maniere spicce, se le assunzioni interverranno per
decreto, ne uscirà fuori una contraddizione al cubo. I decreti legge
presuppongono un’urgenza, sarebbe come dire che è urgente violare la
Costituzione. Eppure La Questione è ancora un’altra . Gli idonei sono
più o meno 6 mila, i nuovi assunti saranno 100 mila: dunque una goccia nel
mare, il 6% del totale. Possibile che sia impossibile trovare spazio anche per
loro? Dev’esserci sotto una ragione misteriosa, magari un idoneo avrà mollato
un calcio al presidente del Consiglio. Mettetelo in castigo, ma lasciate in
pace tutti gli altri.
Legge e Libertà www.lespresso.it
– michele.ainis@uniroma3.it – 23
aprile 2015
Nessun commento:
Posta un commento