Una delle ragioni per
cui la Chiesa ha resistito duemila anni è la capacità di anticipare il corso
della storia. Chi crede può chiamare questo Provvidenza, i non credenti lo
ritengono uno straordinario intuito politico. In ogni caso, funziona fin dalle
origini, quando i primi cristiani, unici nella loro epoca, intuirono la fragilità sulla quale
poggiava la potenza di Roma. Nell’ultimo secolo la Chiesa cattolica come
organizzazione e singoli papi hanno dato prova di geniale rapidità nel cogliere
quello che hegelianamente si definisce spirito del tempo. Anche con una robusta
dose di Realpolitik. La Chiesa ha riconosciuto in anticipo sulla società
internazionale i regimi di Mussolini e Hitler, con i quali ha siglato i primi
due concordati in senso politico opposto, ma nel caso della Chiesa è piuttosto
ridicolo parlare di destra e di sinistra, il papato di Giovanni XXIII ha
avviato con il Concilio la stagione delle grandi riforme degli anni Sessanta e
Settanta. E’ stato senza dubbio un genio politico, il maggiore forse del suo
tempo. Karol Wojtyla, che ha puntato il proprio pontificato sulla caduta dei
regimi comunisti, una profezia all’epoca assai azzardata. Dopo la parentesi di
un grande teologo, papa Ratzinger, che non ha affascinato per nulla un mondo
ormai lontano dai dubbi della fede, è arrivato Francesco. L’entusiasmo che
circonda questo Papa non ha nulla a che vedere con le sue posizioni teologiche,
piuttosto irrilevanti, ma con la sua predicazione sociale. Il Papa dice, così
sembra, cose “di sinistra”. Parla di povertà, disoccupazione, sfruttamento,
guerra. Francesco, gesuita colto e intelligente, ha di sicuro letto gli studi
di Thomas Piketty sulla trasformazione della società in oligarchia, dove l’uno
per cento della popolazione, attraverso crisi periodiche e ormai strutturali,
si arricchisce sistematicamente rispetto al restante 99 per cento. La paura di
Francesco è che questa colossale ingiustizia possa sfociare in una catastrofica
guerra globale, ed è la stessa opinione di molti altri circoli intellettuali
laici, premi Nobel e associazioni pacifiste. Il Giubileo della Misericordia che
il Papa ha appena convocato sarà dunque sui temi della povertà e della pace. E’
un modo per riprendere il filo interrotto dal Concilio II di papa Roncalli e il
fatto che s’inauguri esattamente il giorno del cinquantenario della chiusura di
quello non è naturalmente casuale. Se Francesco ha ragione, come l’ebbero molti
suoi predecessori, siamo alla vigilia di una stagione di grandi mutamenti nella
coscienza dei popoli.
Curzio Maltese – Contromano – 10 Aprile 2015
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