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mercoledì 8 aprile 2015

Lo Sapevate che: L'azione dei magistrati e il dovere di essere perbene ignorato da troppi politici....



Caro Michele Serra, “ci si dimette per ragioni politiche o per questioni etiche, e non per gli avvisi di garanzia”. Mi aiuta a capire il senso di questa frase? Sono parole del presidente del Consiglio Matteo Renzi a proposito della richiesta di dimissioni di personaggi indagati legati al suo governo, dopo quelle di Maurizio Lupi. E proprio nel giorno in cui dal palco di Libera, in piazza a Bologna, venivano letti i nomi delle vittime della mafia; tra questi, quello di Libero Grassi, ammazzato per aver detto ( e non solo detto): “Io non vado a cena con i mafiosi”. Pochi minuti prima, era toccato al ministro Giuliano Poletti leggere altri nomi di donne e uomini uccisi per essere stati distanti dal malaffare. Il pensiero è andato inevitabilmente a ricordi e foto recenti, e il contrasto è stato stridente. Prima ancora della magistratura e indipendentemente dalla sua attività, bisognerebbe evitare questo possibile contrasto. Che la politica torni a gestire il bene collettivo, e chi fa politica meriti non sospetto e diffidenza, ma rispetto e ammirazione. I politici, così come tutte le persone perbene, non vanno a cena con i mafiosi: non è reato, ma non ci vanno. E basta.
Renato Brandimarti
Caro Brandimarti, lo dice lei stesso: bisognerebbe evitare ogni sospetto, ogni cattivo pensiero, “prima ancora della magistratura e indipendentemente dalla sua attività”.  Sono d’accordo e l’ho scritto molte volte: il ruolo abnorme che l’azione della magistratura ha avuto sulla vita politica italiana, da Tangentopoli in poi, dipende da un vistoso difetto dell’etica politica. Spero che vadano proprio in questo senso le parole di Renzi: ci si deve dimettere quando ci si sente inadeguati al proprio ruolo pubblico. Del resto l’articolo 54 della Costituzione (..) dice che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”. Senza bisogno di avvisi di garanzia: il ministro Lupi del resto, non ne aveva. E si è dimesso ugualmente. Aggiungo che, di per sé, un avviso di garanzia può significare tutto o niente: un gravissimo addebito o una insulsa inadempienza burocratica. Dunque, in linea teorica, le parole di Renzi sono condivisibili. Salvo un’obiezione, che immagino sia anche la sua e quella di molti altri lettori: il concetto enunciato da Renzi avrebbe una soddisfacente applicazione solo se la politica ritrovasse una sua forte e autonoma etica, magari dotandosi di meccanismi interni  che favoriscano un comportamento più virtuoso, una vita interna meno opaca, bilanci e finanziamenti a prova di sospetto. Così purtroppo non è: sono tanti, troppi gli uomini della politica che considerano il proprio ruolo un privilegio e una garanzia di impunità. E tocca, allora, alle inchieste della magistratura provare a rimettere ordine laddove non ce n’è. Con il rischio, evidente, che tanto il politico mafioso quanto quello perbene, incappato in buona fede in una minima grana legale, siano ugualmente costretti a levare il disturbi.
Michele Serra – Per Posta – Il Venerdì di Repubblica – 3 Aprile 2015

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