Il giornalismo
d’inchiesta, dicono tutti, sta per morire insieme alla carta stampata e a tante
altre cose che hanno modellato le nostre società democratiche e influenzato le
nostre vite nel secolo scorso, come per esempio i partiti e i sindacati. Ma
forse non è proprio così. Tutto cambia, tutto si trasforma. Le grandi inchieste che
non trovano più spazio nei giornali, in crisi e internet, sono diventate un
nuovo genere letterario, probabilmente più interessante e vitale del nostro
tempo. Alcuni dei fenomeni letterali di questi anni, da Gomorra di Roberto Saviano a Sottomissione
di Michel Houellebecq sono giornalismo
travestito da romanzo. Il più grande del genere è Emmanuel Carrère. Francese di
origini russe, ben presenti nella sua formazione e nella sua prosa, Carrère ha
sperimentato da giovane varie forme di scrittura, romanzi, novelle,
sceneggiatura per il cinema e per la televisione prima di arrivare con l’avversario con Limonov e ora con Il Regno dell’originalità sublime del
romanzo inchiesta. Quale che sia l’oggetto della sua indagine, un folle omicida
come nel primo dei romanzi citati, oppure un attivista politico ucraino come in
Limonov, o la storia dei primi cristiani, Carrère procede esattamente come un
inviato speciale del lettore, raccontando in prima persona l’esperienza
diretta. Nel suo caso la prima persona non è un segno di narcisismo, ma
piuttosto un atto di umiltà. L’autore non è onnisciente, non ha certezze da
vendere al lettore, descrive i fatti e denuncia con sincerità i propri limiti e
dubbi nel darne una possibile lettura. Sto leggendo Il Regno mentre le televisioni e i giornali bombardano ogni giorno
notizie su Francesco, un papa assai intelligente e amatissimo e ben deciso con
l’anno santo a battere ogni record di popolarità dei predecessori, compreso
Wojtyla, che pareva inarrivabile in classifica. Ed è più che mai interessante
capire come mai una religione tutto sommato bizzarra come il cristianesimo,
propagandata da un pugno di pescatori ebrei, sia non solo riuscita ad abbattere
dalle radici la potenza secolare di Roma, ma addirittura a durare fino ai
nostri giorni al centro della scena. Più che l’aspetto spirituale e la storia
personale di Carrère con il cattolicesimo, nel suo libro colpisce l’analisi
dell’intelligenza politica che il cristianesimo ha dimostrato fin dagli albori,
da Paolo e Luca. La stessa che oggi rende la predicazione sociale di papa
Francesco un rifugio di speranza o di disperazione per molti credenti e non
credenti ormai orfani di punti di riferimento, di partiti, di sindacati, di
buon giornalismo, insomma di democrazia.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 3
Aprile 2015
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