Giustizialista o
Garantista? O, più
perfidamente opportunista? Si alternano le interpretazioni sulla gestione di
Matteo Renzi delle vicende giudiziarie in cui incappano personalità a lui
vicine. Resta il dubbio di un doppiopesismo connaturato alla logica della
convenienza del momento. In un paese esasperato dal continuo ripetersi di
episodi di malaffare: expo, Mose, mafia capitale, grandi appalti, cricche
vecchie e nuove. Un giustizialismo fondato sugli umori dell’opinione pubblica,
ha sintetizzato Antonio Polito sul “Corriere della sera” all’indomani delle
dimissioni di Maurizio Lupi dal governo. Va Preso dunque alla lettera ciò che il
premier –segretario ha dichiarato in
un’intervista a “Repubblica”: “Ho sempre detto che non ci si dimette per un
avviso di garanzia”. Per poi aggiungere: “Per me un cittadino è innocente finché
la sentenza non passa in giudicato. E’ scritto nella Costituzione. Se si dice
che è la più bella del mondo, poi bisogna almeno leggerla”. (..).Troppo A Lungo
l’anomalia berlusconiana ha impantanato la discussione in un’estenuante
contrapposizione tra garantisti pelosi e manettari scatenati. Senza tuttavia
contrastare le ruberie dilagnti né correggere le disfunzioni, pure evidenti,
degli apparati di giustizia. Berlusconi ha agito spudoratamente per difendere
se stesso e la sua “roba”; mentre pezzi di sinistra hanno trafficato in affari
privati. Certo, le responsabilità non sono paragonabili, ma il mix resta
perverso, Anche questa confusione di ruoli e di colpe ha favorito l’ascesa
dell’ex sindaco di Firenze, caterpillar della rottamazione. Ora, Dopo un
anno di governo, in prossimità di delicate elezioni regionali, Renzi manifesta
la sua linea di condotta nel rapporto tormentato tra politica e giustizia.
Sbaglia chi crede che sia una posizione dettata solo dalla contingenza del caso
Lupi. Il renzismo infatti, a dispetto dell’informalità apparente con cui il
leader si presenta in pubblico, è un’idea della politica ben strutturata. Per
questo Renzi non ha timore di prendere le distanze da chi ha sempre
interpretato gli atti delle procure come una manifestazione dell’agire politico
sotto altre forme. A rischio di apparire ancor più impopolare a una parte
dell’apparato del suo stesso partito, si smarca e afferma l’autonomia della
politica – la sua politica – dalla giustizia. La politica non intervenga nel
condizionare i giudici – ripete – ma al tempo stesso non si può lasciare in
mano ai giudici il destino delle decisioni squisitamente politiche. Programma
ambizioso. (..). Insomma il premier-segretario teorizza il
criterio del caso per caso. A rischio di apparire arbitrario nelle decisioni.
Che andranno motivate in maniera trasparente. Ogni volta. Insomma avrà la forza
di buttar fuori dai posti che contano, prima del tintinnar di manette, coloro i
quali si dimostrano inadeguati o peggio collusi? (..). “La corruzione spuzza” ha detto con
efficacia lessicale Papa Francesco a Scampia, Napoli. Già, il fetore del
malaffare non conosce confini.
Luigi Vicinanza – Editoriale www.lespresso.it - @vicinanzal
- 2 aprile 2015
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