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lunedì 13 aprile 2015

Lo Sapevate Che: Terza Italia, tutti la vogliono ma nessuno la trova



Con La Manifestazione di sabato 28 marzo a Roma, Maurizio Landini si è conquistato molta più audience su giornali e tv di quanta gliene abbia in realtà riservata la sua “piazzetta rossa” (..). Non è strano. Matteo Renzi gode di vasti consensi popolari e non, e dunque un leader che lo critichi da sinistra fa notizia.  Si dice poi che pensi a fondare un partito, e anche questa notizia fa gola. Anzi, siccome verrà confermata e smentita mille volte, sarà notizia mille volte. Si dice infine che voglia il posto di Susanna Camusso, ci vuole un congresso, e siccome il congresso della Cgil si terrà nel 2018, di Landini e della sua “coalizione sociale” parleremo e parleremo e parleremo. Già, ma cosa lo spinge? Landini ripete che la sinistra non c’è più. La fabbrica, che della Fiom è stata per anni l’azionista di riferimento, si è drasticamente ridimensionata, ha adeguato ritmi e modi di produzione, si è trasferita in Romania o in India, e i suoi abitanti hanno cambiato radicalmente modi di essere e di agire. Valga per tutti il caso di Pomigliano d’Arco, dove Landini ha chiamato allo sciopero contro il sabato di lavoro straordinario e gli operai se ne sono bellamente infischiati: non saremo certo noi da qui, avranno pensato, a spiantare Detroit e Francoforte…Di questa perdita di ruolo e di peso i sindacati hanno preso atto.(..). Difficile Per Un Sindacato muoversi su questi nuovi sentieri, e pronunciarsi di conseguenza: per esempio, si parla di contratti e di statuto dei lavoratori, da che parte si sta, sa quella di chi un lavoro già ce l’ha, o di chi non ce l’ha mai avuto? Finora Landini non ha scelto. Anzi, tirandosi addosso accuse di strabismo politico-sindacale, dice di voler rappresentare sia gli uni che gli altri. E infatti, nonostante la rumorosa presenza in piazza e l’iniquità nei talk-show che gli ha consentito (dati Agcom) di stare sugli schermi quattro colte più della Camusso e sei più della segretaria della Cisl (i guru della tv dicono che solo Matteo Salvini tira di più), il consenso personale a lui e al suo progetto per ora non decolla: più o meno il 10 per cento, calcola Nando Pagnoncelli, avvertendo che si parla di apprezzamento e non di intenzioni di voto. Per carità, cifra di tutto rispetto, ma ben lontana da quell’esercito di non garantiti, non votanti, cultori dell’antipolitica che vorrebbe reclutare. Insomma, la sfida di Landini è assai ardua. Non solo per ciò che si è già detto. Ma perché è davvero difficile convincere gli italiani che una costola di un’organizzazione sindacale possa da un giorno all’altro smentire anni in cui, come dice Raffaele Cantone a Gianluca Di Feo ( “Il male italiano”, Rizzoli) i sindacati sono stati “vittime di una logica corporativa che li ha resi custodi della peggior burocrazia”. Fare (di nuovo) del sindacato un “soggetto generale” è lavoro di lunga lena, e non bastano qualche comparsata in tv, una piazza piena e un po’ di agitazione. Ci vogliono anni e proposte concrete. E la piena autonomia dalla politica.
Bruno Manfellotto – Questa settimana – www.lespresso.it – bmanfellotto – 9 Aprile 2015

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