Cattivo. Dannoso. No, non è un
virus. Si parla di Pd, la Ditta, l’ex Pci della diversità berlingueriana.
Secondo la lettura chic di Fabrizio Barca. E non è una battuta scappata in tv,
ma il punto d’arrivo di un’analisi minuziosa svolta su 110 circoli romani del
Pd, durata finora sei mesi, ricca di documentazione e di testimonianze dei
militanti (è tutto sul blog di Barca assieme al resoconto del suo precedente
“Viaggio in Italia”, personale inchiesta alla scoperta del partito condotta nel
2013 provincia per provincia). Dunque, un lavoro serio. Confesso che non mi era
mai capitato di leggere parole così dure, precise e taglienti sulla realtà
interna di un partito, scritte per di più da qualcuno che in quel partito
milita convintamente. Che siano poi firmate da Barca, uomo colto, scrupoloso,
rigoroso servitore dello Stato, è una garanzia in più di fedeltà e qualità. E
però, nonostante questo, il rapporto non ha avuto finora eco che merita. Forse
perché riguarda solo il Pd romano; o perché nei giorni in cui è stato diffuso
un primo documento , i giornali in cui è stato diffuso un primo documento (il
lavoro continua), giornali e tv erano presi dalla strage di Tunisi e dal
pasticciaccio Lupi-Incalza. (..). Certo, Roma è stata colpita da Mafia Capitale,
l’inchiesta che ha investito anche frange di Pd, spinto Matteo Renzi a
commissariare il partito e a sua volta il commissario Matteo Orfini a
incaricare Barca dell’indagine. Ma quando si legge di assenza di trasparenza, di
deformazioni clientelari, di scorribande dei capobastone, di – testuale – carne
da cannone da tesseramento (si citano casi di “duecento tessere in due ore”, e
si scopre che un tesserato su cinque è falso), sale il timore che la malattia
non si fermi all’ombra del Cupolone. Del resto, quando il Pd ha chiamato a
raccolta i suoi elettori, penso alle primarie, ne sono capitate di tutti i
colori, e non solo nel 2012 (una per tutte, i cinesi in fila a Napoli). E alzi
la mano chi non ha pensato subito a infiltrati, brogli, tessere false. Renzi ha
provato a evitare in Campania lo scontro Vincenzo De Luca-Andrea Cozzolino, ma
invano: si è dovuto beccare De Luca con tutto il seguito di legge Severino e
dintorni. (..). <molte cose non tornano. E non c’è da meravigliarsi se alle
ultime regionali il Pd ha dimezzato i voti nella sua Emilia e a Livorno,
storica roccaforte rossa, ha conservato si un sontuoso 52 per cento, ma è stato
punito alle contemporanee comunali nelle quali gli elettori hanno preferito il
grillino Nogarin. Intendiamoci, nel suo viaggio Barca ha incontrato anche un
robusto Pd né cattivo né dannoso né pericoloso, anzi, ma che spesso fatica a
imporsi sull’altro. Là dove ce la fa, ecco i “luoghi ideali”, simili a quelli
dove in questi mesi sono stati avviati significativi progetti pilota. Mi
permetto di suggerirne un altro: che almeno un circolo in ogni città chieda a
Renzi di estendere il metodo Barca in tutta Italia così che l’indagine sullo
stato del Pd conquisti il primo posto nel programma del partito. Sì, forse ne
vedremo delle belle. Ma lo sforzo di trasparenza e di pulizia aiuterebbe a
riprendere quella fiducia in se stessi che in tanti è andata dispersa.
Bruno Manfellotto – Questa settimana – www.lespresso.it - @bmanfellotto - 2 aprile 2015
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