Leader Tra I Leader. Il più carismatico, forse l’unico.
Parla ai poveri della Terra, qualsiasi sia la loro religione. Per questo si
erge come un antagonista al tavolo dei potenti. Con una visione geopolitica
che, prima di lui, soltanto il papa polacco, Giovanni Paolo II, aveva mostrato
con altrettanta lucidità. Eccolo, senza reticenze, denunciare il genocidio
degli armeni, compiuto cento anni fa dall’Impero Ottomano; e con altrettanta
fermezza pronto ad affrontare la conseguente crisi diplomatica apertasi con il
governo della Turchia, per il quale quel genocidio non s’è mai consumato. Francesco,Il Papa venuto dalla fine del mondo, entra nelle cose del mondo globalizzato
intessendo con raffinata sapienza messaggi di pace e realpolitik. Artefice
dello storico disgelo tra Stati Uniti e Cuba. Mediatore invisibile tra Obama e
Putin nella crisi in Siria. Voce finora isolata in difesa del suo popolo, i
cristiani perseguitati in Asia e Africa. (..). Il governo di Ankara, sotto la
presidenza di Ergogan, ha in corso una lenta ma costante re-islamizzazione
dello Stato più laico di quell’area, storico membro della Nato. Una potenza
regionale in competizione con l’Iran e l’Arabia Saudita. Al potere turco dunque
il ricordo del massacro degli armeni appare come una lesione del proprio
prestigio internazionale, a maggior ragione se ne fa mentore il capo di uno
Stato minuscolo ma quanto mai influente qual è il Vaticano sotto la guida di
papa Bergoglio. Per Francesco La Tragedia degli armeni fu “ il primo genocidio
del XX secolo”, anticipatore dell’Olocausto degli ebrei per mano nazista e del
terrore stalinista nel blocco comunista. “Fare memoria di quanto accaduto è
doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per
l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci
liberi dal ricadere in simili orrori”, ha scritto il pontefice il12 aprile.
Fare memoria, perché ciò che – illudendoci – credevamo fosse stato archiviato
con il Novecento, invece si ripropone con una ripetizione allucinante sia nel
cuore dell’Europa, tra Ucraina e Russia, come in Kenya o in Mesopotamia. Papa Bergoglio Per Primo ha parlato di una terza guerra mondiale combattuta “a pezzi”.
Incerte le forze in campo. Assenti o distratti negli scacchieri cruciali i
Paesi con solide tradizioni democratiche.(..). Ma Francesco ci fa capire come
questa orrenda guerra “ a pezzi” abbia come vittime pressoché esclusive i più
poveri, i più deboli, quale che siano le loro convinzioni religiose: i cristiani
massacrati dal sedicente Stato Islamico piuttosto che i migranti di fede
musulmana affogati nel canale di Sicilia. Li difende tutti, in nome di
un’utopia. Che è la scelta di riscatto della Chiesa di Francesco, contrappasso
alla vicenda millenaria della chiesa di Roma e della sua ricerca di
compromessi. Spesso indicibili. La Rievocazione di un avvenimento del secolo scorso
ci avverte a non fomentare contrapposizioni etniche e religiose. E al tempo
stesso, di fronte agli orrori, a non credere alle ambiguità e ai compromessi.
Messaggi di pace e realpolitik. Nel nome di Francesco.
Luigi Vicinanza – Editoriale – www.lespresso.it - @vicinanzal
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