Nella crisi italiana
c’è un elemento psicologico interessante ed è la continua rimozione delle cause
più note ed evidenti. Gli italiani in larga parte conoscono da una ventina
d’anni quali sono i problemi che impediscono al Paese di crescere come il resto d’Europa in tempi buoni
e anche di decrescere meno in epoca di crisi. Ma per uno strano incantesimo se
ne dimenticano all’improvviso, come nella Macondo di Gabo Márquez il popolo smarriva
i nomi degli oggi si ricomincia tutti a parlar d’altro e a litigare su vecchi
simboli. Il primo dei problemi rimossi sono l’istruzione, l’innovazione
tecnologica e la ricerca. Tutti sappiamo in realtà che quando è esplosa la
globalizzazione l’Italia avrebbe dovuto ripensare la propria produzione e il
mondo del lavoro in modo da limitare la minaccia delle nazioni emergenti,
asiatiche o sudamericane, dove il costo del lavoro era e rimane assai più
basso. Si trattava insomma d’investire molto di più in scuola, formazione e
ricerca. Tutti settori dove al contrario i governi italiani hanno tagliato ogni
anno risorse importanti. L’Italia è in questo modo scivolata agli ultimi posti
delle grandi nazioni per numero dei laureati, scolarità, diffusione delle tecnologie
e di internet. Il solo ritardo nell’uso della rete si è tradotto in alcuni
settori, per esempio il turismo, in centinaia di miliardi di Pil perduti. Ora,
nelle cause del fallimento delle nazioni gli economisti Daron Acemoglu e James
Robinson stabiliscono un rapporto diretto fra innovazione e ricerca e risultato
economico. Le nazioni che hanno investito di più in Europa, Germania e Paesi
scandinavi, si sono arricchite; le ultime, Italia e area mediterranea, si sono
impoverite. Ma di questo si sta parlando oggi? No. Un secondo problema rimosso
è l’evasione fiscale. Si discute molto sulla pressione fiscale, troppo alta per
le imprese italiane e straniere, e per i lavoratori. Ma senza aggiungere che la
pressione fiscale è troppo alta perché altissime sono evasione ed elusione,
qualcosa come 180 miliardi l’anno. In tutta l’Europa del Nord sono state
sperimentate semplici ricette per ridurre il furto dei cittadini furbi ai danni
degli onesti. Da noi quando si comincia? Terza questione: la corruzione e la burocrazia.
Sono lo stesso problema. In Italia esiste una burocrazia folle per favorire
un’enorme corruzione, e viceversa. Ed è questa morsa burocratica-corruzione la
principale ragione dei pochissimi investimenti esteri nel nostro Paese. Quando
i nostri governi capiranno che una riforma della burocrazia è inutile se non è
affiancata da leggi contro la corruzione e viceversa? E ora torniamo pure a
litigare sull’articolo 18.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 26
settembre 2014 -
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