Lo status sociale ed economico fa la differenza in salute.
Longevità, vita sana, occorrenza di malattie: tutto può essere ricondotto allo
status. A incidere sulla salute non è tano e solo lo status socioeconomico
declinante, ma la forbice che si allarga, e che scava fossati sempre più
profondi fra chi è soddisfatto delle proprie condizioni sociali e chi no. Fra
chi è “capace” di darsi regole di vita sana e chi non se lo può permettere e
indulge ad alcol, fumo e cattiva alimentazione. Fra chi si muove e chi no. Fra
chi sa come usare in modo razionale i servizi sanitari e chi li subisce, o
proprio non li conosce. Fra chi, infine, può scegliere dove vivere e chi invece
sospinto dalla mancanza di risorse in quartieri malsani, trafficati, quando non
asfissiati da discariche e poli industriali. E’, questa, quasi una nuova
sindrome, battezzata dall’epidemiologo Sir Michael Marmot, “status sindrome”. E
la differenza sociale nei nostri paesi può dare uno scarto di vita da 4 anni in
Italia fino a 7 anni in altre nazioni europee come l’Inghilterra, la Francia e
la Germania. Che diventa ancora più accentuata se si paragonano fra loro Paesi
diversi, come quelli occidentali e quelli dell’est europeo, dove lo scarto di
speranza di vita alla nascita può
toccare addirittura i sedici anni.
Luca Carra e Cristina Da Rold – L’Espresso – 30 Ottobre 2014
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