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venerdì 17 ottobre 2014

Lo Sapevate Che: Se il potere è opaco cresce l'Antipolitica...



Trent’anni fa Michail Gorbacev restituì la democrazia al popolo russo con una parola magica: Glasnost, Trasparenza. Evviva, siamo diventati glasnotici pure noi italiani. La pubblica amministrazione è online, basta un clic e t’appare sullo schermo il faccione del burocrate, il suo stipendio, il curriculum di Stato. Gli incontri fra i partiti vanno in streaming. Le decisioni di governo sono regolarmente precedute da una consultazione popolare, usando ancora una volta il web: è accaduto sul valore legale della laurea, sul Terzo settore, sulle riforme costituzionali proposte dal governo Letta, sulla burocrazia, sulla giustizia, sullo Sblocca Italia, sulla scuola. Diciamolo: è tutta una finta, un’ammuina. Se c’è un accordo di potere, se c’è una nomina di sottogoverno o nelle autorità di garanzia, la scelta avviene sempre al buio, al riparo  da sguardi indiscreti. Per esempio: gli otto laici del nuovo Csm, chi li ha selezionati? E come, e quando, e perché? E i due giudici costituzionali, su cui il Parlamento s’è esercitato in mille votazioni senza quorum? Chi ha candidato i candidati? Senza dire del patto del Nazareno, il cemento che regge la legislatura. Per forarlo servirebbe una trivella, e chissà quali segreti verrebbero a quel punto scoperchiati: magari il nome del prossimo capo dello Stato, magari l’impegno a graziare Berlusconi per tutti i secoli a venire. Quanto Alle Consultazioni online, si sa quando cominciano,vengono annunziate con un gran rullo di tamburi, poi però sui risultati cala il segreto di Stato. Ecco perché  non si sa mai quando finiscono. Vengono annunziati con un gran rullo di tamburi, poi però sui risultati cala il segreto di Stato. Ecco perché gli italiani le disertano: la consultazione promossa da Renzi sul non profit, per esempio, ha incassato meno di 800 mail. D’altronde la partecipazione politica ormai si consuma in uno stadio vuoto, da quando gli (ex) spettatori hanno capito che la partita si svolge sempre altrove, lontano dal terreno di gioco. Non a caso il Pd ha perso in un anno quattro iscritti su cinque, non a caso Forza Italia ne racimola 8 mila appena, non a casa alle primarie in Emilia ha votato il 15 per cento rispetto a quanti, l’anno scorso, avevano scelto il segretario nazionale. Insomma, l’elettore è diventato abulico, indifferente ai destini della Patria. E’ il primo effetto dell’opacità che circonda la nostra vita pubblica, ma non è l’unico effetto. Perché agli abulici si sommano inoltre gli arrabbiati, l’urlo che gonfia l’antipolitica, il discredito che sommerge le stesse istituzioni. E perché gli uni e gli altri – sia gli abulici che gli arrabbiati – scorgono ormai complotti dappertutto, vuoi per mano della massoneria, vuoi dalla mafia, vuoi del Club Bilderberg, il circolo esclusivo che governerebbe il mondo. Come dargli torto, quando della trasparenza rimane solo l’apparenza? E come condannare i deputati che rifiutano di votare i nominati, quando la designazione alla Consulta o al Csm si manifesta attraverso un messaggino inviato dal capogruppo sui loro cellulari? Un Tempo, nel buon tempo antico senza Glasnost, non succedeva. Le segreterie politiche indicavano un nome, sottoponendolo però all’assenso dei gruppi parlamentari, con un dibattito corale prima del voto in Parlamento. Ma se è per questo, non succede neanche in altre contrade. Negli Stati Uniti le nomine di Obama devono ricevere l’advice and consent del Senato, e per il nominato scattano interrogazioni e analisi del sangue. Se Teresa Bene, eletta al Csm in quota Pd senza possederne i titoli, avesse subito preventivamente un’audizione, forse avremmo scoperto l’uovo marcio prima di cucinare la frittata. Sennonchè il nuovo Senato, quello disegnato dalla riforma votata l’8 agosto, non ha affatto i poteri di controllo del Senato americano. E d’altronde sono disarmati pure i cittadini,niroma3.it nonché gli iscritti e i militanti di partito, dato che in Italia manca una legge sui partiti, e manca dunque un argine alla signoria del gruppo dirigente. Ce l’avevano promessa, come no. E sarebbe doverosa, perché la democrazia – diceva Bobbio – è “il potere del pubblico in pubblico”. Nell’attesa, contentiamoci della sua caricatura: un potere privato che ci priva di ogni potere.
michele.ainis@uniroma3.it – Michele Ainis – L’Espresso – 16 ottobre 2014

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