Sono stata anni fa una giornalista da matrimoni: anche da
funerali (terribili quelli alle vittime del terrorismo, gelido quello al
golpista Junio Valerio Borghese a Cadice), ma la mia specialità era raccontare
la festosità, la commozione, la volgarità, la solennità di certi matrimoni che
di volta in volta venivano definiti “del secolo”. Certi proprio me li ricorderò
per sempre. Il primo nel 1961 (e sì, sono proprio vecchietta) fu quello della
più giovane figlia di Benito Mussolini, Anna Maria, che sposava un presentatore
televisivo, Nando Pucci, a Ravenna, nella meravigliosa Sant’Apollinare in
Classe. La folla di nostalgici era immensa, fotografi e giornalisti si erano
arrampicati sull’altare, la sposa era nascosta dentro una massa di veli
bianchi, lo sposo spaventato. Non mancò quella volta il saluto romano. Pochi
anni dopo, nel 1964, fui spedita ad Atene, al matrimonio di re Costantino di
Grecia con la giovanissima principessa Anna Maria di Danimarca: una bella
coppia che pareva innamorata, il sontuoso rito ortodosso, un popolo in festa,
che 10anni dopo avrebbe esiliato re e regina. A Londra, nel 1981, il matrimonio
più fiabesco, regale e disgraziato, quello del principe Carlo erede al trono
con una principessa da sogno, giovanissima, bellissima, timida, di grande
nobiltà, innamorata, sicuramente vergine come pretendeva il protocollo reale:
Diana, che in quel momento non sapeva di essere destinata all’infelicità e a
una morte precoce. Mi avevano assegnato, come giornalista, un posto
scomodissimo, da cui avrei visto soltanto passare centinaia di militari in
divisa vistosa, carrozze chiuse e il cocchio dorato con la sposta. Se volevo
seguire la solenne cerimonia, lungo le strade e dentro la cattedrale di Saint Paul,
non potevo far altro che, come milioni di persone nel mondo, guardarla in tv.
Ricordo il viso serio e chiuso del principe Carlo (non sapevamo allora che
aveva passato la notte precedente col suo vero amore, Camilla, che dopo l’amaro
divorzio e la terribile morte di Diana lui avrebbe finalmente sposato). Ricordo
volto radioso della Regina per quel matrimonio apparentemente perfetto e che
poi avrebbe rischiato di rovinare la monarchia, e l’immagine commovente di una
Diana innocente e felice dentro il suo abito bianco eccessivamente pomposo.
Nessuno dei matrimoni che dovevo raccontare fu divertente come quello di Pippo
Baudo e Katia Ricciarelli a Militello in Val di Catania: era l’84, gli sposi,
non giovanissimi, inaugurarono la serie delle nozze da spettacolo, lì tra due
celebrità lirico-televisive. Nozze di paese, nozze siciliane, con una quantità
di pelliccione vistose e di enormi borse di coccodrillo. Anche questo andò
litigiosamente in fumo, del resto non s’era capito perché i due avevano deciso
di diventare moglie e marito. Purtroppo ho perso il più recente “matrimonio del
secolo”, ovviamente quello tra George Clooney e una donna importante che più
bella non si può. Di quell’attore e regista intelligente, affascinante,
impegnato, maturo si è continuato a dire che le donne non erano la sua
passione, anche quando si mise con la nostra Elisabetta Canalis, attrice e show
girl che a noi pareva carinissima, ma che come tutte le altre fidanzate
(durata, due anni) veniva regolarmente piantata. La nuova, seconda signora
Clooney è davvera speciale, tanto che tutte le donne che con la fantasia
aspiravano a George si sono subito rassegnate, essendo Amal Alamuddin del tutto
imbattibile. Bellissima, molto elegante anche con le firme più note,
anglo-libanese, padre druso e mamma musulmana sunnita, celebre avvocato sia in
Inghilterra che negli Usa, specialista in diritti civili ed estradizioni, ha
difeso tra i tanti Assange, fondatore di WikiLeaks, e l’ex primo ministro
ucraino Yulia Tymoshenko. Divide quindi col marito impegno politico e azioni
umanitarie. Sarebbe la perfetta first lady di un prossimo presidente. E pare
che sia questa l’ambizione politica dell’ultrademocratico Clooney. Siamo stati
sommersi dalle immagini dei loro giorni veneziani, ma restano segretissime
quelle del matrimonio civile officiato da Walter Veltroni e comprate in
esclusiva da Vogue America, che ha assicurato una forte cifra in beneficenza.
Forse anche tutti quei capi firmati, dagli abiti agli occhiali, sono stati
scelti in cambio di denaro per le organizzazioni umanitarie.
Natalia Aspesi – Donna di Repubblica – 18 ottobre 2014 -
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