Non posso fare a meno di intervenire dopo le enfatiche parole
di Matteo Renzi sulla scuola e sulle evidenti ottusità del disegno di legge
della sua Ministra. 1. Le supplenze affidate ai docenti dell’Istituto del collega
assente: ha presenta la Ministra cosa vuol dire strutturare un orario di
cattedra? Come si può pensare che qualcuno che insegna quella determinata materia abbia libere proprio quelle ore
che servono per sostituire il collega di dipartimento? O forse un collega vale
l’altro: un giorno i ragazzi faranno italiano, un altro matematica, un altro
inglese, in assenza, magari, del loro docente di disegno. 2. Le scuole aperte
fino alle 16 e 30 (e addirittura fino alle 22): riscaldamento? Luce? Personale
ATA? Quest’anno ho tenuto per la mia quinta un approfondimento di letteratura
contemporanea (ovviamente gratis), grazie a un gentilissimo e immolato membro
del personale Ata che associava il proprio volontariato al mio, tenendomi la
scuola aperta un pomeriggio a settimana. 3. Giugno: lavorare fino alla fine del
mese. Già accade. Inoltre il Ministero ha presente il caldo che c’è in una
scuola a giugno e luglio? Credo che il Ministero non abbia presente niente. Non
sappia neanche che cosa sia una scuola, a leggere anche solo questi tre punti.
Lettera firmata
Sa, non ci trovo nulla di scandaloso nelle proposte
ministeriali che lei contesta. 1. Siccome la nostra scuola non ha sufficienti
risorse economiche, mi pare del tutto naturale che gli insegnanti presenti
suppliscano quelli assenti. Ma questa “naturalezza” è concepibile solo se gli
insegnanti amano la loro professione e non si pongono nei confronti della
scuola con una mentalità sindacale e/o contrattuale che, in un’attività che ha
per obbiettivo l’educazione dei giovani, i pare del tutto fuori luogo. 2. Nel
1998 durante una trasmissione televisiva chiesi all’allora Ministro della
Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer di tenere aperte le scuole fino a
mezzanotte, in odo che gli studenti, dopo le ore di lezioni mattutine,
potessero nel pomeriggio dedicarsi allo studio, alle loro iniziative creative,
al teatro, alla musica, alle attività sportive utilizzando le palestre, alla
socializzazione e, perché no, anche all’amore. La risposta dl Ministro fu: “E
chi mi paga i bidelli?”. Ma forse nelle scuole superiori potremmo fare a meno
dei bidelli, dal momento che non vedo perché giovani dai 15 ai 19 anni no
possano pulire le loro aule, lavare i vetri, imbiancare le loro classi, tenere
in ordine una biblioteca, (se c’è), insomma fare proprio e quindi affezionarsi
a quel luogo, la scuola, dove passano gran parte dei giorni della loro
giovinezza. In fondo quali altri spazi di socializzazione sono a disposizione
dei giovani? Io vedo solo la strada, meglio se in prossimità di un bar, e poi
la discoteca dove, tra luci intermittenti e abbaglianti e suoni ad alto volume,
accade di tutto fuorchè la possibilità di socializzare, di cui i ragazzi hanno
un estremo bisogno e nessun luogo a disposizione per praticarla. Gli insegnanti
potrebbero fare a scuola la correzione dei compiti che solitamente fanno a
casa, potrebbero ricevere gli studenti e parlare con loro, potrebbero
assisterli a turno per un totale di 36 ore come accade per tutti i lavoratori,
riducendo magari le ore dedicate all’espletamento delle procedure burocratiche,
a favore di quelle decisamente più proficue dedicate all’assistenza e al
colloquio informale con i loro studenti, in modo da conoscerli anche al di
fuori dalla gabbia che costringe gli insegnanti in cattedra e gli studenti sui
banchi. 3. Quanto a prolungare l’insegnamento fino alla fine di giugno, non mi
dica che è ipossibile perché fa caldo. Fa caldo anche fuori, eppure la vita
lavorativa continua. Ma forse a scuola fa più caldo perché non solo gli
studenti, ma anche gli insegnanti, non frequentano la scuola con entusiasmo,
dal momento che, così com'è, non ci trovano un gran senso e sufficienti stimoli
per impegnarsi. E allora dobbiamo aspettarci dalle continue riforme
ministeriali della scuola stimoli e senso, o queste cose le devono mettere,
senza attenderle dai dispositivi ministeriali, gli attori stessi della scuola,
che, in prima fila sono gli insegnanti? Qualche insegnante ci prova e trova
persino soddisfazione nel suo lavoro, anche se spesso è guardato con sospetto e
diffidenza dai colleghi che a scuola ci vanno motivati solo dallo stipendio che
è basso, certamente, ma potrebbe essere integrato proprio dall'entusiasmo di
fare quel nobilissimo lavoro che si chiama: educazione dei giovani.
umbertogalimberti@repubblica.it-
Donna di Repubblica – 20 settembre 2014 -
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