Secondo uno studio dell’Università di Newcastle pubblicato
dal “British Journal of Nutrition”, la frutta e la verdura biologica contengono
una quantità maggiore di sostanze antiossidanti di quelle coltivate in maniera
tradizionale, dal 17 al 69 per cento a seconda della varietà. Eppure le
coltivazioni bio rimangono un fenomeno di nicchia. “Non ci sono politiche che
spingono gli agricoltori a intraprendere questa strada, che è costosa e
complicata, fatta di certificazioni e permessi particolari”, dice Lucio
Cavazzoni, presidente di Alce Nero, che dal 1978 ha scelto di produrre senza
l’impiego di pesticidi e di concimi di sintesi: “Dovrebbe accadere, invece, il
contrario, visto che è l’agricoltura biologica che rispetto l’ambiente, non forza
le produzioni, lascia riposare la terra con le rotazioni per non impoverirla e
lasciarla fertile”. Il caso del pomodoro biologico è emblematico. Proveniente
dalle province di Ferrara e Ravenna in una zona vicino al mare, viene coltivato
da aprile a settembre prevalentemente in due varietà, una allungata (simile al
San Marzano) e l’altra tonda con una rotazione di quattro anni, come prevede la
disciplinare bio, durante i quali si alternano altre colture, di grano, mais,
piselli e soia. “Gli unici trattamenti ammessi per contrastare gli attacchi di
funghi e parassiti sono a base di rame e vengono sempre sospesi almeno
quindici-venti giorni prima della raccolta”, spiega Cavazzoni: “Bisogna dire,
però, che in questo terreno la presenza di agenti patogeni è già limitata per
natura, grazie al clima mite della zona, alla sua fertilità e alla vicinanza
con il mare”. La produzione, però è più scarsa di quella convenzionale (5oo
quintali per ettaro la prima, 750-800 la seconda) a causa dei metodi più lunghi
e del rispetto della rotazione, ma molto più virtuosa. “Diversi studi hanno
provato che i metodi di coltivazione biologica portano la pianta del pomodoro a
una maggiore resistenza ossidativa con la conseguenza di incrementare i suoi
micronutrienti come il licopene, dall’azione antiossidante, la vitamina C e i
polifenoli”, spiega Renata Alleva, specialista in Scienze dell’Alimentazione e
ricercatore dell’Istituto Rizzoli di Bologna. Il pomodoro biologico, insomma, è
più sano, perché privo di pesticidi e diserbanti, anche se più costoso, in
quanto più costosa è la produzione.
Carla Tinagli – Scienze&Tecnologia – L’Espresso – 25
settembre 2014 -
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