Talvolta può essere utile guardare altrove per comprendere
quanto ci succede attorno. Guardare l’altro per riconoscere noi stessi, per
vedere dinamiche che viviamo ma che ci possono sfuggire. La Bulgaria il 5
Ottobre è andata al voto per la seconda volta in un anno e mezzo. Di fatto, dal
2009, con una breve interruzione, a guidare il paese è il partito Gerb,
acronimo che sta per Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria, ma che
ha anche un significato autonomo: Gerb in bulgaro significa “stemma”. Potrà
sembrare una sottigliezza semantica, ma appropriarsi di parole di uso comune
per indicare il nome di un partito – noi lo viviamo dal 1994 con “Forza Italia”
– è una furbizia che paga. Le elezioni di inizio ottobre hanno portato nuova
instabilità, perché non ci sono per Bojko Borisov, leader di Gerb, i numeri per
poter ottenere una solida maggioranza in Parlamento. Ma, Al Di Là
della cronaca spicciola e nonostante le indubbie differenze che ci sono tra
Italia e Bulgaria in quanto a storia remota e recente, ciò che mi interessa
sottolineare è che le proteste del 2013, che portarono alle furbe dimissioni di
Borisov, non gli hanno fatto perdere consenso, un consenso basato sulla
distribuzione dei fondi europei che lo ha reso onnipotente e gli ha consentito
di controllare l’informazione, l’imprenditoria e le amministrazioni locali.
Nelle prime elezioni anticipate del 2013 Gerb è stato il partito più votato ma
non c’erano i numeri per formare il governo, ecco perché è nato l’esecutivo di
coalizione guidato dai socialisti con Plamen Oresarski. Il Governo Oresarski si
è poi scontrato con le elezioni europee del luglio 2014. A quel punto Borisov
aveva avuto tempo sufficiente per ricostruire la sua immagine pubblica: dalle
dimissioni al presentarsi come l’uomo giusto per tutti e per ogni stagione.
Obietterete, cosa c’entra tutto questo con l’Italia? In fondo ovunque possono
esserci elezioni anticipate e governi di coalizione, ovunque le risorse europee
arrivano e vengono gestite dai governi. Tutto vero, ma è vero che tutto questo
ha effetti nefasti dove le democrazie non sono compiute, dove le dimissioni
sono decise ad arte e dove i fondi europei alimentano corruzione e nepotismo e
non instaurano alcun ciclo virtuoso di nazionalizzazione e ottimizzazione della
spesa. Inoltre, e non è folklore, Italia e Bulgaria hanno una storia politica
parallela in cui i loro leader sempiterni, tra cablogrammi, processi e
prescrizioni hanno avuto ruoli ambigui a cui la risposta dell’elettorato per
anni è stata: avrà pure avuto rapporti con la mafia, ma la sua storia personale
ci dice che è un uomo che ce l’ha fatta da solo e quindi sarà in grado di
governare. E come l’Italia, la Bulgaria ha una storia criminale incredibile che
il mondo sottovaluta con la complicità delle istituzioni bulgare. Misha Glenny
dice che l’Italia è una democrazia con dentro la mafia e la Bulgaria è una
mafia con dentro la democrazia, espressione forte, che però fotografa una
situazione che di fatto negli anni non è mutata, ma che è andata aggravandosi.
La potenza della mafia bulgara è risultata evidente con l’operazione
dell’antimafia italiana Magna Carta. E’ emerso che la ‘ndrangheta calabrese si
riforniva di coca dai bulgari invece di utilizzare, come è solita fare, canali
di approvvigionamento propri. Incredibilmente la mafia bulgara aveva comprato
una così grande quantità di cocaina da poterla vendere a un prezzo migliore dei
sudamericani stessi. Quando Studio la mafia bulgara, quando vedo come
nel paese sia sottovalutato il suo grado di penetrazione nel tessuto sociale e
politico, quando mi accorgo di come tutto questo abbia effetti nefasti sul
grado di corruzione delle istituzioni, non posso fare a meno di pensare
all’Italia, compagna di sventure. A un’Italia dove sarà sempre più inverosimile
che investitori stranieri decidano di portare i propri capitali, dove gli
investitori italiani fuggono per via di un clima politicamente instabile, di
una giustizia lenta e che non riesce a dare garanzie, di una criminalità che ha
aziende competitive che sbaragliano la concorrenza e di una corruzione
istituzionale diffusa ovunque, di un clima di iniquità che rende difficilissimo
avere fiducia e fare progetti.
Roberto Saviano – L’antitaliano – L’Espresso – 23 ottobre
2014 -
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