Ma quanti posti di lavoro il resto d’Europa deve ancora
perdere per consentire a Frau Merkel e a Herr Schauble di averne uno in più in
Germania? Sarà magari sgradevole porre il quesito in termini che evocano
sanguinose rappresaglie del passato, ma
chiaro è un fatto che questo è anche il modo più chiaro di rappresentare le
reali conseguenze pratiche della “lex germanica” imposta dal governo di Berlino
agli altri paesi di eurolandia. A ben vedere, infatti, il vero nocciolo dei
problemi sul tavolo non è che da parte tedesca si insista sulla necessitò che i
paesi in maggiore difficoltà facciano le riforme utili al risanamento dei loro
conti. Ciò che è razionalmente difficile da comprendere e da giustificare e la
tenace opposizione di Berlino a ogni ipotesi di manovra monetaria o di bilancio
mirata a spingere in avanti il tasso di crescita e per questa via rendere più
agevole e sostenibile il riequilibrio contabile. Si E’Già Visto, durante la grave crisi della
Grecia, come la renitenza tedesca ad assumere decisioni tempestive e adeguate
alla dimensione dei problemi sia servita soltanto ad aggravare la situazione e
così a rendere molto più costosa, in termini sia finanziari sia sociali, la
ricerca della via d’uscita. Oggi la questione si ripropone poiché sotto la pressione che viene dalla torre d’avorio berlinese un
po’ dappertutto in Europa il nodo del rilancio della crescita economica
continua a restare in sott’ordine rispetto al tema delle riforme. Sì certo,
ofni tanto si fanno balenare nell’aria i 300 miliardi di investimenti che la
prossima Commissione Juncker avrebbe in animo di realizzare, ma anche questa
per ora del tutto ipotetica operazione viene sempre rappresentata come una
sorta di premio o di caramella che verrà offerto a chi si mostrerà più bravo
nel fare i compiti a casa. Ora, se si guarda all’Italia, nessuno può negare che
sia per noi indispensabile rivedere la spesa pubblica. combattere corruzione ed
evasione fiscale, render e più spedita la giustizia civile e rimettere ordine
in un mercato del lavoro caotico e segmentato in troppe varianti. Ma, con buona
pace del “jobs Act” e di altre novità annunciate, parimenti nessuno può
coltivare l’illusione che possano bastare anche ottime opere di briocolage legislativo per rimettere
in moto la macchina delle assunzioni. In un contesto di crescita bassa o
addirittura negativa, alle imprese si possono pure offrire lavoratori al minimo
di salario e di diritti ma chi se li vorrà mai prendere in carico se il mercato
resta debole e malcerto? L’Esperienza Storica, ancor prima
della buona dottrina economica, insegna che il riassorbimento di una
disoccupazione massiccia come l’attuale non è neppure sperabile quando il tasso
di crescita del Pil si colloca fra uno o due punti percentuali. Al più si può
ottenere che i posti di lavoro non diminuiscano ovvero crescano in qualche
misura marginale. L’obiettivo prioritario per raggiungere lo scopo postula
quindi che il passo della crescita venga forzato attraverso tutti gli strumenti
utili e necessari: dall’espansione monetaria e creditizia (condizione
necessaria e però insufficiente) alla mobilitazione degli investimenti pubblici
come traino a quelli privati e, non per ultima, alla rianimazione della
domanda. Tutte cose note e stranote che, però, non riescono a trovare spazio
nelle scelte europee, per subordinazione intellettuale e politica alla
dominante ideologia tedesca dell’austerità, costi quel che costi….agli altri. Cosicché
la parte più desolante di questo spettacolo è quella offerta dalle sedicenti
forze progressiste federate nel Parlamento socialista europeo che per storia
politica e culturale dovrebbero essere le prime ad alzare la bandiera della
priorità della crescita. E, invece, si accontentano di discutere sul conteggio
delle foglie degli alberi ma senza mai guardare alla dimensione della foresta.
Così facendosi complici di chi vuol ridurre l’Europa alla stregua di quel che
diceva Napoleone dell’Austria: “ Toujours en retard, d’un année, d’un armée,
d’un idée”.
Massimo Riva – Avviso ai naviganti – L’espresso – 9 ottobre
2014 -
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