Ah!, il sindacato! Non c’è governo della recente storia
politica che non si sia misurato con il Moloch della Cgil, e non c’è leader del
Pci-Pds-Ds-Pd che non sia inciampato sul tema del lavoro.E ogni volta un passo
avanti e due indietro. Da quarant’anni. Tanto che oggi, alla resa dei conti tra
Matteo Renzi e la sinistra di partito e sindacale su articolo 18 e dintorni, la
memoria di quelle vicende dovrebbe aiutare a non ripetere errori, a non urlare
slogan, a ragionare sui fatti e non sulle ideologie. Ma è così difficile…Torna
per esempio alla mente lo scontro feroce tra Massimo D’Alema e Sergio
Cofferati, 1997. Vale la pena rileggere qualche riga del discorso schietto e
brutale che il segretario dei Ds lesse al congresso del suo partito: “Nel
Mezzogiorno ci sono due milioni di lavoratori in nero: ma se li facessimo
emergere, avremmo un milione di disoccupati in più. Non chiedo al sindacato di
legalizzare il lavoro nero e il lavoro precario: ma dovremmo preferire essere
lì con quei lavoratori e negoziare, anziché restare fuori da quelle fabbriche
con in mano una copia del contratto nazionale di lavoro”. Un uppercut. Ma non
risolutivo: D’Alema rinculò, forse per mancanza di coraggio o perché si sentiva
vicino a Palazzo Chigi, e il segretario della Cgil riconquistò facilmente la
piazza e la sinistra. Dopo Di Lui Silvio Berlusconi, luglio 2002, sceglierà invece la
strada dell’accordo separato con Confindustria e Cisl-Uil spezzando l’unità
sindacale, smentendo la concertazione cara a Carlo Azeglio Ciampi e dichiarando
morto l’art.18. L’illusione durerà poco: Cofferati porterà in piazza tre
milioni di lavoratori incazzati. Ma forse più che il sindacato poté la politica
visto che pochi mesi dopo un referendum per estendere l’art.18 anche alle
piccole imprese non raggiungerà il quorum. In piazza si pensava ad altro. Anche
B. fece marcia indietro, si ricominciava daccapo. E poi c’è il 1984, quando il
governo Craxi taglia per decreto quattro punti di contingenza. La Cgil di Lama
si spacca; Giorgio Napolitano cerca una mediazione; Luigi Spaventa, economista
brillante e deputato della sinistra indipendente eletto nelle liste del Pci,
suggerisce possibili soluzioni alternative. invano. Enrico Berlinguer vede in
questa battaglia lo scontro finale con il Psi di Bettino Craxi e porta un
sindacato e un partito spaccati al referendum. Che si terrà nel 1985, un anno
dopo la sua morte. Sarà la débacle della sinistra: stavolta gli italiani vanno
a votare in massa (77,9 per cento), ma a sorpresa vince con il 54,3 chi è
d’accordo con il taglio della scala mobile. C’è un Paese che Pci e Cgil non
riescono più a decifrare. E Però, Per Capire Davvero bisogna andare ancora più indietro.
Addirittura al 1977, a un’intervista a “Repubblica” con la quale il segretario
della Cgil Luciano Lama annunciava a Eugenio Scalfari la svolta dell’Eur,
moderazione salariale e nuova politica del lavoro, che trovava una sponda
importante nel Pci in Napolitano e in Giorgio Amendola. Rileggiamone un
passaggio: “la politica salariale nei prossimi anni dovrà essere molto
contenuta…l’intero meccanismo della Cassa integrazione dovrà essere rivisto da
cima a fondo. Noi non possiamo più obbligare le aziende a trattenere alle loro
dipendenze un numero di lavoratori che esorbita le loro possibilità produttive,
né possiamo continuare a pretendere che la Cassa integrazione assista in via
permanente i lavoratori eccedenti”. E ancora: “Siamo convinti che imporre alle
aziende quote di manodopera eccedenti sia una politica suicida…riteniamo che le
aziende, quando sia accertato il loro stato di crisi, abbiano il diritto di
licenziare”. Un anno dopo, però, con la stagione dei rinnovi contrattuali, i
sindacati di categoria smentivano la svolta. E nel marzo del 1979 il Pci di
Berlinguer usciva dalla maggioranza di solidarietà nazionale. Sì, perché lavoro
e Sindacato si sono sempre intrecciati con la politica fino a condizionarla,
specie a sinistra.. E i vent’anni in cui la sinistra ha parlato solo di
Berlusconi e di come liberarsene, non hanno certo aiutato. Dunque, ieri come
oggi? Nel dettaglio no di certo, troppo diversi il contesto e le circostanze,
ma simile lo scontro di fondo. E il rischio: che prevalgano i limiti ideologici
e le questioni di principio guardando alla resa dei conti con Renzi dentro e
fuori il Pd invece che alla sostanza della questione. Irrisolta, appunto, da
quarant’anni.
Bruno Manfellotto- Questa settimana – L’Espresso – 2 ottobre
2014 -
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