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mercoledì 15 ottobre 2014

Lo Sapevate Che: E' ora di rottamare quell'anomalia italiana chiamata Talk show...



Fabio Cusin, l’anti storico d’Italia, considerava che l’eterno modello di governo italiano fosse la signoria quattrocentesca. Non idee, ma clientele. Non programmi diversi di società a confronto, ma la pura e dura lotta per la presa del potere. Una volta insediato il nuovo signore al posto del vecchio, nulla cambiava. La corte si adattava a servire il nuovo padrone, il cui stile di governo alla fine non si discostava dal predecessore. Così funziona ancora la politica italiana e anche la sua ancella, la televisione. La crisi dei talk show è stata annunciata, almeno in questo spazio, da almeno un paio d’anni, quando gli ascolti erano ancora altissimi. Ora che sono crollati, si corre ai ripari con qualche trovata, la solita guerra di comici e di ospiti illustri. Senza successo perché non si tratta di riparare la macchina, ma piuttosto di rottamarla, come usa dire. La crisi del talk show è in realtà soltanto un effetto della crisi di un modo di far politica dominante nella seconda repubblica, della quali il format televisivo e i suoi celebrati sacerdoti sono stati il principale strumento di comunicazione. La seconda repubblica è vissuta per vent’anni di pochissimi atti concreti e nessuna vera riforma, ma distribuendo in compenso una messe incredibile di annunci miracolistici. Chi non ricorda il milione di posti di lavoro promessi da Berlusconi nel salotto di Vespa, il contratto con gli italiani, la lavagna con le grandi opere da realizzare? Tutti e comunque molti più di quanti non ricordino oggi che nel periodo di governo di Berlusconi sono stati persi due milioni di posti di lavoro e non è stata realizzata neppure mezza grande opera. Prima o dopo, gli italiani si sarebbero stancati di ascoltare i politici promettere l’impossibile, giustificarsi poi dell’incapacità di governare con la pesante eredità ricevuta e rinnovare la dimostrazione che gli asini volano alla vigilia di una nuova campagna elettorale. Il punto non è questo o quel conduttore, questo o quel signore televisivo con la corte fissa di ospiti. Tanto meno la crisi d’ascolti può dipendere dalla formula o dal comico che introduce il gioco. Nel resto d’Europa il talk show all’italiana è uno spettacolo incomprensibile. I ministri vanno in televisione una volta al mese a spiegare quanto hanno fatto e non a sciorinare il libro dei sogni. I politici di medio calibro che qui ci siamo sorbiti per anni, in tv appaiono una volta l’anno. Per trasmissioni d’attualità e d’informazione s’intendono in Gran Bretagna o Germania o Francia i programmi d’inchieste, che nella televisione pubblica italiana sono una piccola riserva indiana presidiata da Gabanelli, Iacona, ora Giammaria. Quando sarà così anche in Italia forse la politica produrrà meno chiacchiere e più decisioni.
Curzio Maltese- Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 10 ottobre 2014

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