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martedì 14 ottobre 2014

Lo Sapevate Che: Il poliamore è davvero una scelta di libertà?....



Ho 19 anni e un dubbio atroce. Di recente, in un’intervista su Repubblica, Jacques attali si chiede:”A che titolo si dovrebbero avere due case e due cellulari, e non più amori? Nella libertà moderna si rivendica il diritto di non scegliere. Meglio: di scegliere un congiunto nell’istante, senza che ciò pregiudichi la scelta di un altro poco dopo”. Il dubbio che mi assale è questo: siamo sicuri che sia “libertà”, questa? A me sembra una libertà che si stacca dalla responsabilità, che non dà risposte e quindi non sceglie. Questo frenetico saltare da un’esperienza all’altra (che si tratti dell’acquisto di merci o dell’intreccio di nuove relazioni sentimentali, poco importa) non fa che evidenziare la polverizzazione del nostro desiderio, degradato e capriccio. Il rapporto sessuale stesso, a cui fa riferimento. Attali quando parla della dinamica degli “scopamici”, slegato dall’amore e ridotto a meccanica dei corpi, non fa che evidenziare questo nostro essere “vasi forati”, costituzionalmente incapaci di essere saziati. Mi chiedo quando capiremo che la sedicente “libertà moderna” è alla base della nostra infelicità.
Martino Mancin – martinomancin@yahoo.it

Quando Jacques Attali parla di “poliamore”,come lui lo chiama, dice una cosa che c’è sempre stata. La differenza consiste nel fatto che la cultura di un tempo lo secretava e al limite lo censurava, mentre la cultura di oggi lo giustifica e addirittura lo teorizza. Questo è avvenuto perché ci siamo evoluti? Perché siamo meno ipocriti? No, avviene perché in un mondo divenuto instabile, precario, incerto e dal futuro imprevedibile, diventa difficile contrarre legami affettivi a lungo termine. Di qui il disimpegno emotivo e insieme il bisogno spasmodico di godere di tutto ciò che offre il presente, soprattutto in una cultura come la nostra che, per il bene dell’economia, non passa giorno che non ci inviti al consumo delle cose e, perché no, anche dei piaceri, promuovendo così un etica dell’edonismo, che non è il piacere a lungo termine come insegnava Epicuro,ma il piacere mordi e fuggi che si consuma sul momento. (..). A questo punto anche la libertà cambia significato. Non più la libertà di scegliere un percorso in grado di realizzare la propria personalità, il proprio daimon, come dicevano gli antichi, da cui dipende la felicità, che loro chiamavano eu-daimonia, buona realizzazione del proprio demone, ma una libertà intesa come “revocabilità di tutte le scelte”. (..) . Matrimoni aperti, relazioni senza impegno, poliamori non sono espressioni di una cultura che si è evoluta ed emancipata dai divieti della religione o dalle consuetudini collaudate dalla tradizione, ma l’effetto inevitabile di una società regolata sostanzialmente dal mercato e dal consumo, che ci dà l’illusione di una libertà illimitata, a scapito della costruzione di una biografia significativa capace riconsegnarci un’identità in cui riconoscersi. (..). Ci si ritrova con un io che, se alla fine non è minacciato dalla disintegrazione, non può evitare di fare i conti con un senso di vuoto interiore, per attenuare il quale non bastano gli psicofarmaci a cui sempre più spesso si fa ricorso, perché anche gli psicofarmaci appartengono a quel mondo del consumo forzato che io vedo come causa prima di tutta l’insoddisfazione che deriva da questo nuovo concetto di libertà come revocabilità di tutte le scelte.
 umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 11 ottobre 2014

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