La Bce si riunisce a Napoli e innesca solite proteste. Che si
facciano questi incontri in città tanto complesse resterà per me sempre motivo
di stupore. Scelte che hanno il sapore della sfida più che dell’opportunità per
un territorio martoriato, anche perché è raro che lascino segni, tracce da
seguire, percorsi. Tuttavia manifestare è salutare se serve a mappare le
contraddizioni, a mostrare quanto il sistema economico stia creando infelicità.
E manifestare non solo è legittimo, ma necessario se serve a far conoscere i
meccanismi di potere e chiedere allo stesso potere di ascoltare e provare a
sperimentare strade diverse. Quello che mi sconvolge, invece, è vedere sigle e
volti eterni della estrema sinistra napoletana che nei giorni che hanno
preceduto la riunione del direttivo della Bce, esibivano lo stesso logo del No
Global Forum del 2001. In 13 anni i dirigenti della Bce sono cambiati, il mondo
è completamente mutato anche nelle iniquità, ma chi protesta, i loro metodi, i
loro slogan, no. Già li sento declamare: la rivoluzione non invecchia. Forse è
vero, ma voi sì. E male, anche. Quei colti li conosco perché da ragazzino
ascoltavo le loro parole, perché credevo mi aiutassero a capire, credevo che
anche grazie a loro la mia coscienza civile e politica sarebbe maturata. Presto
ho capito che non lì si disimpara solo. La Sinistra Radicale napoletana, tra le più immobili e reazionarie del panorama politico
europeo, sconta la miopia di aver sempre interpretato la camorra come una sorta
di resistenza antiborghese, come una risposta alla miseria. In questo modo,
portavamo e portano avanti una sorta di convivenza ideologica che andava oltre,
e probabilmente intendeva giustificare il quotidiano rifornirsi di tutte le
droghe possibili, come il collaboratore di giustizia Maurizio Prestieri ha
raccontato: “A Napoli i ragazzini di estrema sinistra compravano fumo, coca,
eroina, acidi e noi con quei soldi pagavamo le campagne elettorali della
destra”. E poi il corto circuito di molti di questi capipopolo, mantenuti dalle
famiglie e combattenti in strada. Li guardavo e mi dicevo: non diventerò mai
come loro. Dietro le categorie di “venduto”, “commerciale” o “borghese” c’era
semplicemente il livore verso chi riusciva a vivere del proprio lavoro. Ma al
di là di questi miei ricordi personali, l’invito ai ragazzi, quelli che ancora
non si riconoscono nei fallimenti di questi ridondanti agit-prop, è di guardare
il documentario preziosissimo dei Riahi Brothers. Un modo per vaccinarsi contro
queste vecchissime sigle e vecchissime facce. E’ il racconto delle “rivoluzioni
in corso” in Spagna, Egitto, Siria, Iran, Russia, Turchia., Usa degli attivisti
che hanno innescato i grandi movimenti degli ultimi anni. Un documentario che
mostra come questi movimenti vadano oltre le miopie ideologiche e raccolgano
diversi modi di pensare uniti in una consapevolezza: così non si può andare
avanti. La crisi economica e i regimi stanno distruggendo le possibilità di
felicità, il lavoro, la serenità. E ci si unisce molteplici in nome di
rivendicazioni comuni, non animati dall’odio o dalle teorie del complotto. Queste Le Parole con cui inizia “Everyday Rebellion”: “Siamo persone normali e comuni.
Siamo come te: gente che ha famiglia e amici, gente che lavora duro ogni giorno
per vivere, gente che si sveglia ogni mattina per studiare, lavorare o cercare
lavoro. Alcuni si considerano più progressisti, altri no. Ma tutti siamo
preoccupati e indignati per il panorama politico, economico e sociale. Siamo
anonimi, ma senza di noi nulla di questo sarebbe cominciato. Perché siamo noi
che muoviamo il mondo. E’ tempo di metterci in cammino e costruire insieme una
società migliore. Al cospetto di tutto questo, risultano patetiche le solite
sigle di gruppi bile gii musicali, dei centri sociali della Napoli estremista e
sconfitta dalle sue stesse analisi fallaci, dalle sue stesse superficiali
connivenze, dalla inutile furbizia per arrivare a trovare una nuova impossibile
giovinezza irrorata dai fumi di calumet che purtroppo non sono neanche di pace.
Roberto Saviano – L’ntitaliano – L’Espresso – 9 ottobre 2014
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