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venerdì 24 ottobre 2014

Lo Sapevate Che: L'Espresso Sessant'anni avanti....



Diciotto. Numero magico. Corrisponde ad altrettanti miliardi di tasse che Matteo Renzi annuncia di voler tagliare. Diciotto come il numero dell’articolo dello Statuto dei lavoratori, cancellato con il voto di fiducia. Gioca arioso il presidente del Consiglio. Contrappone la vecchia sicura tutela sindacale a futuri accattivanti vantaggi fiscali. 18 contro 18. Vince facile. E’ affascinante la sfrontatezza con cui Renzi dispensa ottimismo agli italiani stremati dalla crisi. Il suo consenso personale cresce proporzionalmente alla decrescita infelice del Paese. Ben sei elettori su dieci danno credito al premier, secondo le stime di “Atlante politico”. Il suo partito Pd, anzi PdR (partito di Renzi, come lo definisce Ilvo Diamanti) è quotato al 41 per cento dei voti, il doppio del 5 Stelle; con Forza Italia ridotta a galleggiare intorno al 25. Nella sfibrata democrazia italiana il populismo riformista impersonato dall’ex sindaco di Firenze sembra l’unico antidoto ai populismi razzisti e anti-euro montanti nel Vecchio Continente. Reggerà?. “Promesse da Matteo” è il titolo di copertina di questo numero. Analisi delle tante cose dette e di quelle contraddette in otto mesi di governo. Una guida per orientarsi. Il boyscout che ha conquistato Palazzo Chigi sembra farci vivere in un continuo presente; tutto è pronto, tutto è imminente, tutto è in fase di realizzazione salvo poi accorgerci che le questioni strutturali – quelle che dovrebbero sostenere una possibile ripresa economica – non sono state ancora affrontate. Ancora una volta è toccato alla Banca d’Italia raccontare una amara realtà: per dare fiducia agli investitori e alle famiglie è “necessario tendenzialmente ridurre la spesa pubblica e la tassazione, procedere alla realizzazione degli interventi strutturali” riducendo “gli sprechi” e “rendendo percepibile l’azione di riforma”. Lo ha detto il vicedirettore di Bankitalia Luigi Signorini nel corso dell’audizione alla Camera sul Def. Rendere percepibile l’azione di riforma, testuale. Perché finora non si intravedono effetti. Dopo tre anni di recessione consecutiva, di cui l’attuale premier ovviamente non ha colpa, le speranze di ripresa sono affidate alla manovra “di sinistra”, la prima firmata da Renzi e Padoan: meno tasse sul lavoro, più soldi in busta paga, lotta agli sprechi e all’evasione fiscale. L’ultima promessa di Matteo? O forse la penultima, bravo com’è a dispensarne sempre di nuove…Faccia di più e con più coraggio.
Dirigere “l’Espresso” è un’emozione totale. E totale è l’impegno che ne deriva. C’è un Paese che non si arrende al declino, nonostante tutto. Da raccontare senza pregiudizi. Chiunque si trovi al governo. Come in questi giorni di fango a Genova dove gli “angeli” con la vanga fanno risaltare l’inconcludenza dominante. “l’Espresso” nel 2015 celebra i suoi 60 anni. L’icona più immaginifica del giornalista italiano ha imposto nuovi linguaggi di narrazione della realtà; ha lanciato campagne memorabili; ha introdotto per primo il tema – in un’Italia ancora fanfanian-clericale-dei diritti civili; ha incalzato la sinistra marxista affinché uscisse dal fortino della ortodossia sovietica. Dunque news: tante, forti, esclusive. E nello stesso tempo battaglia delle idee. Ieri come oggi. (…).
Luigi Vicinanza – Editoriale – L’Espresso – 23 ottobre 2014

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