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giovedì 30 ottobre 2014

Lo Sapevate che: Disintermediando che male ti fo?....

E’ lungo l’elenco dei poteri piccoli e grandi con i quali Matteo Renzi non dialoga, ostenta indifferenza o contro i quali spara a palle incatenate. Si dirà: non è una novità. Vero, a ormai gli episodi sono talmente tanti da far sospettare l’esistenza di un metodo: si impone la ricerca di un perché. Il processo va sotto il nome  tecnico, poco elegante, di disintermediazione che, tradotto in soldoni e trasferito dal mondo commerciale alla politica, significa agire senza prima consultare né mediare né ricorrere ad ambasciatori. Ignorando, insomma, chi rappresenta interessi, convoglia consensi, parla a nome di altri. Già, ma perché? In principio fu la Cgil di Susanna Camusso, sfacciatamente ignorata e sostituita da ammiccamenti – poi scomparsi anche questi – con Maurizio Landini: non l’apparato, ma la categoria; non la star, ma il combattimento in trincea. D allora lo schema si è ripetuto sempre uguale e senza cambi di rotta: meglio un incontro con gli imprenditori di Treviso che il red carpet all’assemblea della Confindustria; più utile rivolgersi direttamente agli italiani da ospite da Fabio Fazio o Barbara D’Urso che discutere con manager ed economisti tra gli stucchi del rituale forum lobbistico-mediativo di Cernobbio. E poi niente via vai di poteri forti a Palazzo Chigi, off limits in era renziana per Banca d’Italia, Csm, poteri bancari e imprenditoriali , tutti vanamente ansiosi di incontrare il premier. Perfino i ministri faticano a parlare con lui che preferisce affidare le loro proposte al vaglio accorto del suo cerchio magico. E  poi decidere. Da solo. Fin Qui, Però, siamo ancora nell’ambito di un “decisionismo” che, disinvoltura televisiva a parte, rimanda più a Craxi che a Berlusconi.  Ma Renzi applica oralo stesso principio anche nel dibattito interno al suo stesso partito,   il Pd, dove i capicorrente non allineati non possono più sperare in mediazioni o concessioni; e nello scontro con le Regioni accusate di sprechi e sottoposte a un taglio drastico e lineare di finanziamenti che manco Temonti,. Allora il metodo appare per quel che è: un’ arma formidabile nella guerra del premier per la frantumi sanzione di poteri fino a ieri comprimari e oggi comparse. E la faccenda si colora di politica perché poi l’unica concertazione teorizzata e sostenuta è, forza del paradosso, quella che lega il governo a Berlusconi in nome delle riforme e del dopo Napolitano. Con profluvio di mediatori. Tutto ciò non sembra affatto casuale. Conquista del Pd e successo alle europee confermano che il quadro politico è profondamente mutato e i tradizionali bacini elettorali non sono più gli stessi: destra e sinistra devono ormai rinunciare a facili rendite di posizione (le partite Iva di qua, gli insegnanti democratici di là) e le scelte di voto sono ormai libere e mutevoli. I vincoli di bilancio, poi, vanificano l’arma bipartisan usata finora per ridurre squilibri e garantire consensi: la spesa pubblica. Una rivoluzione. Che solo Renzi ha compreso a fondo adeguando linguaggi e contenuti,  guardando all’elettorato moderato e sfondando anche lì dove fino a ieri Bossi e il Cav stravincevano. In questo rimescolamento di carte è scomparsa anche la sinistra radicale che, come imbambolata, confida solo in un passo falso. Così, gli unici veri oppositori di Renzi si annidano nel Pd e nelle Regioni, ultimi baluardi di potere rosso. Oggi non a caso presi di mira.
 E Dunque Mettiamola Così. Se sgomitare serve davvero a snellire, sciogliere, semplificare, evviva evviva (però, invece di prendere le Regioni per fame e mandare alla gogna i Governatori, quasi tutti del Pd, ci vorrebbe il coraggio di rimettere in discussione l’impianto stesso del finto federalismo all’italiana). E se davvero il patto del Nazareno è utile solo a riforme che altrimenti non si farebbero per altri trent’anni ancora, va bene. Ma se tutto questo gran disintermediare è furba tattica (preelettorale?) per sorridere ai piccoli imprenditori del nord est, affascinare il popolo delle partite Iva e conquistare le truppe moderate orfane del Cav, e non diventa presto sostanza, allora proprio non basta. Altrimenti dopo ci tocca ricominciare daccapo. Ancora una volta.

Twitter@bmanfellotto – Bruno Manfellotto – Questa settimana – L’Espresso – 30 ottobre 2014

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