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venerdì 19 settembre 2014

Lo Sapevate Che: Un feeling per l'Alzheimer...



Un modo per entrare in relazione con chi sta perdendo parola e ricordi. E’ questa la realtà dello shiatsu con pazienti Alzheimer. Confermata da esperienze come quella presso il Centro Diurno Integrato e Nucleo Alzheimer della Fondazione Molina onlus di Varese. “Per questi pazienti servono approcci non cognitivi che permettano di stabilire un contatto in modo nuovo”, osserva il responsabile del Centro Roberto Benotti. I risultati si vedono: il decorso della malattia non cambia, ma i pazienti sono meno ansiosi, meno agitati. Certo bisogna adattare la tecnica alle loro esigenze: c’è chi ha fatto shiatsu da seduto, o persino camminando. “ E’ stato eccezionale vedere come queste persone accettassero il trattamento” spiega Donata Dossi, una delle operatrici coinvolte nel progetto: “Le abbiamo viste contente che qualcuno si occupasse di loro. Grazie al contatto fisico ma anche al valore aggiunto dello shiatsu, che in qualche modo lavora a livello profondo sul sistema nervoso”. Difficile valutarne l’azione ma alcuni di questi pazienti, durante il trattamento hanno ripreso per breve tempo a comunicare: “Persone che di solito non parlano ci raccontano di loro o rispondevano alle nostre domande”, ricorda Dossi. “Rispetto a interventi più convenzionali, lo shiatsu è una modalità di comunicazione non verbale che permette di entrare in relazione con questi pazienti bypassando il linguaggio”, spiega la psicologa Silvia Pinna, che ha seguito un’esperienza analoga all’Istituto San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Genzano, dove lo shiatsu è stato proposto a pazienti con demenza in stato avanzato. “Sono malati difficili da avvicinare, a volte aggressivi, ma abbiamo visto che durante il trattamento riuscivano a rilassarsi, a volte si addormentavano perfino”. Ritrovando una sorta di equilibrio che regolarizza i ritmi fisiologici, permettendo anche di ridurre i farmaci dai al bisogno per calmarli, che si aggiungono a già pesanti terapie farmacologiche. Tanto che alcune famiglie hanno chiesto di poter proseguire i trattamenti a domicilio. “Per consolidare i risultati ci vorrebbero più trattamenti e più tempo”, conclude Benotti: “La nostra idea, infatti, è quella di far seguire una formazione shiatsu a un operatore interno alla struttura, per offrire regolarmente questi trattamenti ai ricoverati”.
Paola Emilia Cicerone- Scienze terapie orientali – L’Espresso – 11 settembre 2014

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