Possibile che un giovane su quattro non possa fare a meno di
farsi un selfie mentre è alla guida? Possibile che il fascino (fascino?) di un
autoritratto con lo smarphone sia irresistibile? Uno studio realizzato dalla
Ford ha certificato che è proprio così. Purtroppo: questa nuova abitudine che
si sta diffondendo è infatti ad altissima pericolosità: scattarsi un selfie
alla guida comporta una distrazione lunga 14 secondi, mentre accedere ai social
media può deconcentrare dalla strada per ben 20 secondi, un tempo nel corso del
quale un’auto che procede a 100 km/h percorre la distanza di cinque campi di
calcio. E la cosa incredibile è che questo rischio lo conoscono tutti (lo
confermano le risposte ai test) ma nessuno ne tiene conto. Sembra quasi che più
se ne parla e più l’abitudine si diffonde. Senza pensare alle conseguenze. Che
possono essere fatali, come lo sono state per Courtney Sanfard, la 32enne morta
sul colpo in un incidente sull’autostrada della California del Nord subito dopo
aver pubblicato su Facebook un selfie e un post (“La canzone Happy mi fa felice”). Per questo,
dunque, pur continuando a denunciare simili assurdi comportamenti, l’industria
dell’auto cerca di anticipare i tempi della guida autonoma, dove l’intervento
umano sarà sempre meno rilevante. Una guida governata dalla tecnologia con
automobili che “vedono” gli ostacoli e anticipano i comportamenti da adottare.
Insomma, guardando l’evoluzione della abitudini degli automobilisti, in futuro
la sicurezza totale potrà essere garantita soltanto da un robot in grado di
sostituire completamente le funzioni umane. Ci vorranno ancora degli anni (chi
dice dieci, chi ancora di più) e altissimi investimenti. Ci vorranno nuove
normative e polizze di assicurazioni rivoluzionate, ma alla fine i risultati
saranno senza dubbio enormi. Sicuramente migliori di chi prova a convincerci a
parole che quando si è alla guida non bisogna parlare al cellulare, mandare
sms, consultare i social network o addirittura scattare un selfie. Tentativo,
allo stato attuale, inesorabilmente inutile.
Valerio Berruti – Il Venerdì di Repubblica – 5 settembre 2014
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