Un’Italia ridicola e
fatua sbalordisce l’Europa.
Però le restano i talk
show
La grande notizia del
mese è che il Pil sarà ricalcolato secondo un nuovo sistema europeo (sec 2010),
il quale cancellerà il segno negativo e riporterà l’Italia in crescita. Di poco,
l’1 per cento. Un quarto della Germania, che con il nuovo conteggio balza a livelli cinesi: più
4 per cento. Milioni di poveri, disoccupati, famiglie che non arrivano alla
fine del mese, imprenditori in procinto di chiudere l’azienda, commercianti con
la saracinesca già abbassata tutti questi non si fregano le mani. Per loro non
cambierà nulla. Il governo sì, è contento perché può rinviare di qualche mese
la manovra correttiva dei conti sballati. Vista da fuori, l’Italia è uno strano
Paese, carico di problemi, che discute con incredibile passione di temi
irrilevanti. L’Occidente intero s’interroga sulla catastrofe irachena, dove la
democrazia da esportazione ha prodotto infine l’avanzata dell’Isis, un esercito
di psicopatici assassini in grado di far rimpiangere Saddam. In Italia abbiamo
espresso, ce all’epoca dell’invasione dell’Iraq voluta dai Bush, il più grande
movimento pacifista del pianeta. Avevamo ragione noi e torto loro, le mosche
cocchiere dell’intervento militare che irridevano milioni di manifestanti come
“panciafichisti”. Eppure oggi il dibattito pubblico sulle guerre in Italia si
riduce alla generale e ovvia deplorazione delle goffe frasi di un ex cronista,
tale Di Battista, proiettato, in Parlamento dalla rivoluzione 5 Stelle. Lo
stesso Grillo, invece di spostare il tiro su argomenti seri e gravi – i quali
davvero non mancano – si balocca con la classifica dei giornalisti sgraditi.
Beppe si può capire. Ha allestito il più grande show della vita ma ora siè
stufato e vuole tornare a divertirsi. I nove milioni che gli hanno creduto però
si aspetterebbero che facesse il capo dell’opposizione. Nel Titanic che
affonda, tutti corrono al gran ballo. Da fuori l’Italia è un mistero buffo, un
Paese con grandi problemi eppure ossessionato da temi e discorsi fatui, un
enorme set della Grande bellezza,
popolato da tanti Jep Gambarella. E’ piuttosto penoso e anche infantile il
linguaggio pubblico, zeppo di termini da seconda media per ripetenti, da “gufi”
a “rosiconi”. Sarà stato il ventennio anarchico di scemenze televisive. Chissà,
forse l’avvento nelle prime serate Rai di due bravi giornalisti come Massimo
Giannini a Ballarò e Duilio Giammaria
a Petrolio potrà magari cambiare il
clima, portare al centro della scena argomenti più seri, meno provinciali e ridicoli,
perfino linguaggi più adulti. Che dobbiamo fare? Speriamo nella rivoluzione del
talk show.
Curzio Maltese- Contromano - Il Venerdì di Repubblica – 29
agosto 2014 -
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