E’ chiaro che il Governo in carica da pochi mesi non può
essere considerato responsabile dello sfascio che si è andato accumulando nel
corso dei decenni. Non si può neanche tacciare superficialmente l’azione di
questa compagine di essere in piena continuità rispetto a quelle che l’hanno
preceduta negli ultimi tre anni, poiché si affermerebbe una verità parziale che
non aiuterebbe a comprendere le ragioni dello stallo. In aereonautica lo stallo
può precedere lo schianto al suolo, poiché l’aereo, oramai ingovernabile,
inizia a perdere inesorabilmente quota. Date queste condizioni, quello che non si comprende è
l’allegrezza, la spavalderia. Si pensava davvero che questi accenti
caricaturali appartenessero, dopo il novembre 2011, al passato. Si pensava, che
con l’uscita di scena di Silvio Berlusconi, quell’eterno rinvio ai tipici
personaggi della commedia all’italiana fosse esaurito. Si sperava che il
pagliaccio e l’abile battuti sta con responsabilità di governo avessero lasciato
il terreno a una generazione di persone serie, in grado di cogliere la gravità
delle situazioni e dunque capace di lavorare con discrezione a soluzioni anche
dolorose, ma di largo respiro. Per un attimo era balenata l’idea che il
cambiamento avrebbe consentito finalmente l’utilizzo di tante intelligenze
umiliate o addirittura costrette alla fuga e all’esilio. Si credeva che quel
capitale umano formato a caro prezzo e poi espulso dal mercato del lavoro
potesse avere una possibilità di rientro in Italia. Certo sono passati pochi
mesi e sarebbe ingiusto pensare che questo sogno sia del tutto infranto, ma il
timore è che questi mesi, contraddistinti da un’assoluta inazione di Governo,
abbiano mutato i caratteri di quel sogno. Il timore è che dietro un Presidente
del Consiglio che non esita a mettere in scena una pagliacciata per rispondere
a un’autorevole testata economica, più che le intelligenze dimenticate si
stiano accodando tanti sciacalletti in attesa di una chimerica nuova stagione
delle vacche grasse: perlomeno questo sembra emergere dai territori, dove il Pd
sembra sempre più uno di quei treni sovraffollati delle ferrovie indiane (o
anche italiane), oramai parte dell’immaginario collettivo. E non si tratta solo
di messinscene o di comunicazione politica abbassata al rango della linea
comica di una qualsiasi fiction; vi è di più. L’idea che ogni Governo si senta
in obbligo di annunciare una “rivoluzione” nel mondo della scuola è ormai una
tragedia alla quale dobbiamo rassegnarci. (…). Un giovane laureando che
eroicamente pensi di diventare insegnante deve almeno avere la possibilità di
sapere che i criteri di selezione e accesso alla professione saranno immutabili
di qui a dieci anni almeno. Non deve subire l’opera di mobbing da parte di
oscuri ministri, anch’essi senza voti, che dall’oggi al domani spacciano nuovi
tagli alla spesa scolastica per “rivoluzioni”.
Il Momento E’
Gravissimo e la
necessità di serietà è illimitata: il primo ministro e gli altri componenti del
Consiglio dovrebbero rendersi conto che non è possibile sempre e comunque
strizzare l’occhio alla più stantia rappresentazione della cialtroneria
nazionale. Ci si aspetterebbe umiltà, silenzio, riservatezza: esistere solo
quando si è al lavoro, rifuggendo ogni futilità. Ci si aspetterebbe la messa al
bando di ogni arguzia. E se il giorno in cui si è ufficializzata la deflazione
che ha portato l’economia italiana al 1959 il nostro Premier ha teatralmente
mangiato il gelato, forse a breve sarà costretto a presentarsi al Paese in
ginocchio e con la testa bassa, in un vuoto di parole finalmente
rappresentativo del disastro. Almeno allora potremo evitare di sorbirci
l’ennesima cattiva rappresentazione di quei personaggi magistralmente ritratti
– e non esaltati – dalla commedia all’italiana.
Roberto Saviano – L’antitaliano – L’Espresso – 18 settembre
2014 -
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