Per capire la società
dello spettacolo dei nostri giorni, la distanza fra la finzione inscenata
davanti all’opinione pubblica e ciò che si decide poi nelle segrete stanze del
potere, basta citare il caso Erasmus. Tutti conoscono questo programma di borse di studio che ha
prodotto tre milioni di cittadini europei e un’infinità di retorica politica e
giornalistica, più qualche film di successo. L’Erasmus è ormai un simbolo, una
bandiera dell’europeismo, un vanto generazionale, insomma un brand
fortunatissimo e come tale ben sfruttato. “Noi siamo la generazione
dell’Erasmus” è il più usato fra gli slogan encomiastici della generazione di
trenta quarantenni appena promossa al potere, prima da Enrico Letta, ovviamente
in inglese (“Erasmus generation”), quindi da Matteo Renzi alla presentazione
del governo, infine da tutte le ministre mandate in giro per l’Europa a
propagandare il semestre italiano. Dalla ministra Giannini alla Mogherini,
l’unica chl’Erasmus l’ha fatto davvero, alla Madia, la quale di ritorno dal
pellegrinaggio a Medjugorie, dove pare sia apparsa lei alla Madonna, ha
invitato tutti a guardare al sogno di una nuova Europa con “lo sguardo
dell’Erasmus”. Fin qui siamo tutti d’accordo. L’Erasmus è stata davvero la più
felice delle iniziative comunitarie. Peccato però che lo stiano distruggendo in
un silenzio (quasi) generale. La commissione di Bruxelles ha già proposto tagli
robusti a un programma al quale oggi può
accedere soltanto il 2 per cento degli studenti europei. I rimborsi arrivano
con grande ritardo e spesso sono soltanto parziali. Il nuovo Erasmus Plus, per
il quinquennio 2014-2019, contiene una svolta liberista che consiste nel
trasformare il programma di borse di studio in un sistema di prestiti agli
studenti gestito da banche private. Una mesta imitazione di un modello
anglosassone che ha prodotto generazioni d’indebitati a vita ed escluso i
ragazzi di famiglie più povere. Silvia Costa del Pd, presidente della
commissione cultura, ha denunciato più volte l’assalto all’Erasmus, nella
disattenzione generale dei media. Eppure sarebbe una notizia, a differenza
degli slogan ministeriali sparati nei titoli. La risposta dell’Europa è stata
la nomina a commissario per la cultura, l’istruzione e la gioventù
dell’ungherese Tibor Navracsics, già ministro nel governo del populista di
destra Orban, più volte denunciato e ufficialmente richiamato dalla precedente
commissione per leggi liberticide e censure alla stampa. Ecco in quali mani
Junker ha messo l’avvenire dei nostri figli. La generazione Erasmus ha qualcosa
da dire?
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 19
settembre 2014 -
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