Nella foga di riformare la Costituzione, di cui stanno
riscrivendo 47 articoli, i nostri ricostituenti si sono scordati di abrogare il
54:”I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di
adempierle con disciplina e onore”. Ma si comportano come se già non ci fosse
più. Dopo aver nominato tre sottosegretari inquisiti (Barracciu, De Filippo e
Del Basso de Caro, peculato) e un viceministro imputato (Bubbico, abuso
d’ufficio), Matteo Renzi s’è subito detto felice di aver nominato al vertice
dell’Eni Claudio Desclazi, ora indagato per corruzione internazionale.
Quanto A Stefano
Bonaccini, inquisito
per peculato e aspirante governatore dell’Emilia Romagna, ha tenuto a precisare
che “i candidati li scelgono gli elettori e non i magistrati”. Non prima di
aver magnificato le virtù dell’ex governatore Vasco Errani, caduto per una
condanna in appello per falso ideologico, Berlusconi ne ha subito approfittato,
infilando fra i membri laici del nuovo Csm (che anche il Pd deve votare) l’ex
sottosegretario e avvocato Luigi Vitali, rinviato a giudizio per falso in atto
pubblico: condizione che la legge del 1957 sul Csm prevede come sufficiente per
la destituzione immediata. Lo scorso anno Renzi aveva invocato le dimissioni
dei ministri Alfano e Cancellieri, coinvolti rispettivamente negli scandali
Shalabayeva e Ligresti: i due non erano neppure indagati, ma avevano il torto
di lavorare nel governo Letta. Il suo, evidentemente, lava più bianco. Infatti,
dopo aver indotto Francesca Barracciu a ritirare la sua candidatura a
governatore della Sardegna perché coinvolta nell’inchiesta della Procura di
Cagliari per 80 mila euro di rimborsi pubblici non giustificati, il premier la
premiò con un posto nel suo governo: non poteva fare la presidente di Regione,
a il sottosegretario ai Beni Culturali. Ora invece Bonaccini, sotto inchiesta
per lo stesso reato, può presiedere una Regione. E così in Campania Vincenzo De
Luca, gran collezionista di prescrizioni, indagini e rinvii a giudizio; e in
Toscana Enrico Rossi, inquisito per falso ideologico. Gli emiliani, i campani e
i toscani sono ritenuti più di bocca buona dei sardi, o è cambiato qualcosa?
Anziché sottolineare l’aurea incoerenza del premier, la grande stampa s’è
affrettata a elogiarne lo squisito “garantismo”. Che naturalmente c’entra come
i cavoli a merenda: il garantista difende i sacrosanti diritti a difendersi nei
processi, mentre chi protegge inquisiti e imputati nelle istituzioni contro
l’articolo 54 si chiama berlusconiano. Siccome però gli elettori del Pd non
sono ancora totalmente lobotomizzati e qualcuno osa chiedere spiegazioni sui
social network, ecco l’offensiva mediatica dei renziani e degli alleati al
seguito, con argomenti degni di un repartino psichiatrico. La vicesegretaria
Debora Serrachiani, neppure lontana parente della Serrachiani che ai tempi di
Veltroni e Bersani invocavo cava trasparenza e rigore, rivendica “il diritto
degli indagati di fare chiarezza” e intima ai pm di Bologna di “andare in tempi
brevi all’archiviazione” per Bonaccini. Perché se no? Già è curioso che un
politico detti i tempi a una Procura: La Serrachiani vuol dettare pure la
sentenza, anticipando forse la prossima riforma della giustizia. Lorenzo
Guerini, l’altro vice di Renzi, si dice “perplesso che un procedimento per
peculato rimanga aperto per due anni. Forse sarebbe stato meglio risolvere la
cosa in tempi più rapidi”. Se Prima Di Straparlare avesse chiesto in giro, saprebbe che
l’indagine è stata avviata non due anni fa, ma meno di un anno fa. E che la
scoperta di Bonaccini indagato (come pure Richetti, che però si è saggiamente
ritirato) l’hanno fatta gli avvocati dei consiglieri regionali, chiedendo alla
Procura se i loro clienti fossero iscritti nel registro e, alla risposta
affermativa, diramando la notizia alla stampa. Così Massimo Mezzetti,assessore
alla Cultura di Sel, ha potuto uscirsene con la scemenza dell’anno: “Per
risparmiare tempo, chiediamo alla Procura chi vuole alla presidenza della
Regione”. L’idea di trovare qualcuno che non si intascasse rimborsi pubblici è
scartata a priori.
Marco Travaglio – Carta canta – L’Espresso – 25 settembre
2014
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