Alcuni brani dal libro “L’Italia che vorrei di Fabio Franceschini, scritto con il giornalista
Stefano Lorenzetto.
Italia. 60 miliardi fi malaffare, 150 di
riciclaggio, 180 di Irpef evasa ogni anno e 100 di Iva. E invece di affondare le
mani in questa melma che cosa fanno i nostri politici? Perdono mesi ad abolire
il Senato. Corruzione . La nostra vergogna, una lebbra
dilagante. Quindici anni è la pena, da scontarsi senza se e senza ma, prevista
dal Code of laws negli Usa. Più una sanzione pari al triplo delle somme estorte
o rubate. Falso in bilancio . Che vergogna quando il governo Berlusconi lo
depenalizzò! Io ti sbatto dentro per dieci anni se trucchi la contabilità
aziendale! Politici disonesti . Alla prima condanna
l’amministratore pubblico deve decadere da qualsiasi carica e in sei mesi
bisogna arrivare al terzo grado di giudizio. Tasse. L’aliquota fiscale giusta? Un quarto del tuo ricavo. Evasione fiscale. Dovremmo portare l’Iva al 45 per cento e abolire tutte le altre tasse.
La semplicità è controllabile. La complicazione genera corruzione. Denaro. Non è
possibile che tanta parte dell’umanità non produca nulla e sia dedito
unicamente alla manutenzione del denaro.
Burocrazia. La madre di tutte le tangenti. Per
sradicarla, alla base di tutto deve esserci il buonsenso, non la normativa. Dipendenti Pubblici. Un milione di statali in esubero vengano collocati sul mercato e
assunti dall’industria privata, pagati per 4 anni dallo Stato. Giustizia.
Una grande civiltà ha pochi giudici e poche leggi. Federalismo. Io non ci credo. Non è che
suddividendo l’Italia in 21 conti correnti le spese cambierebbero. Ci vorrebbe
solo un po’ di buongoverno. Aiuti alle imprese. Gli incentivi a fondo perduto e i
piani di sviluppo, inventati da esperti ben retribuiti che non saprebbero
gestire neppure un condominio, sono del tutto inutili.
Matteo Renzi. Bravo ragazzo, pulito, glielo leggi
in faccia che non ha mai rubato. Uno spaccamontagne che crede di poter
governare l’Italia a colpi di tweet, alle 6 di mattina. Ma il sistema Paese è
assai più complesso.
Roberto Di Caro – Che, futuro, la carta – L’Espresso – 18
settembre 2014 -
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