Non Saranno Nuove e più dure
sanzioni, né la muscolare esibizione delle esercitazioni Nato ai confini di
Putinland né la “Forza di spedizione congiunta” formata da 4.000 soldati
dell’Alleanza Atlantica in funzione antirussa, a convincere lo zar del Cremlino
a rinunciare a un progetto a lungo cullato. La differenza tra i belligeranti
sta nel fatto che mosca ha una strategia chiara e la persegue dettando l’agenda
della crisi. L’occidente insegue affannato e cerca confusamente di ribattere
quando sul campo si è già determinata una situazione sfavorevole. Cosa pensi
Vladimir Putin dell’Ucraina è noto da tempo. Non la considera nemmeno uno
Stato, ma un territorio indefinito, una parte del quale è “Novorossia” da
inglobare sotto la sua influenza, e il resto un’appendice marginale
dell’Europa. Benchè Minacci di poter “arrivare a Kiev in 15
giorni”, non lo farà, non gli interessa. Quella sì sarebbe la mossa azzardata
in grado di innescare un conflitto dalle conseguenze imprevedibili. E Putin
sarà imperialista ma non è pazzo. Voleva la Crimea per il dominio del Mar Nero
e lo sbocco verso i mari caldi: se l’è presa subito senza sparare un colpo,
come fosse un diritto storico e per riparare a un errore commesso da Kruscev
che la regalò alla Repubblica un tempo molto sorella. Voleva l’Ucraina dell’Est
(e parte del Sud) perché abitata da russi, in nome del principio etnocentrico e
caro al suo nazionalismo “tutti i russi in uno Stato” e l’operazione era
tecnicamente più complicata per via del tabù, eredità della Conferenza di
Helsinki 10975, dell’inviolabilità delle frontiere (tabù che persiste,
nonostante il principio sia stato a più riprese violato). Ha
Pazientato Un Poco,
forse ha ritardato la conquista per la riprovazione scatenata dall’abbattimento
dell’aereo malese e, quando l’attenzione del mondo era distolta dagli orrori
mediorientali, ha sferrato l’offensiva decisiva prima che il generale inverno
potesse interferire nei suoi piani e giocasse a suo favore per il ricatto del
gas e delle case calde. Ormai è vicino al traguardo e non si vede come le sorti
della partita possano essere ribaltate da un esercito ucraino che è una
barzelletta secondo i suoi stessi generali o da un’improbabile, ingente
spiegamento di truppe della Nato a ridosso dell’Impero russo: non ci sono alle
viste politici così desiderosi di “morire per Donetsk”. Se Il Destino
di una secessione in Ucraina (nella migliore delle ipotesi un confederazione
tra due Stati con larghe autonomie, uno che guarda a Ovest, e l’altro che
guarda a Est), era già scritto, l’attivismo della Nato e le parole reboanti in
funzione anti-Putin dell’Europa, comprese quelle della nuova Mrs Pesc Federica
Mogherini, sembrano piuttosto un avvertimento preventivo teso a scongiurare
eventuali mire egemoniche verso Paesi vicini, un tempo aderenti al patto di
Varsavia. (..). Bisognerà Capire Adesso se si rivelerà solida una compagine
anti-Putin apparentemente coesa nei principi, in realtà dilaniata al suo
interno dagli interessi. Gli Usa stanno oltre l’oceano, i francesi possono fare
la voce grossa perché non direttamente dipendenti dagli ori del Cremblino. Ma
la Germania e Italia, tanto per fare due esempi, hanno economie molto connesse
con Mosca. Berlino ha delocalizzato in Russia centinaia di aziende e ha bisogno
dell’energia di Gazprom almeno quanto noi che abbiamo anche il problema del
mercato del lusso. Per questo le sanzioni sono un’arma a doppio taglio. Quanto
a lungo sostenibili nel lungo periodo, da ambo le parti, si vedrà.
Gigi Riva – L’Espresso – 11 settembre 2014 -
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