L’Agenzia Giapponese per
l’Esplorazione Spaziale ha lanciato un minuscolo satellite, STAR-2, che ha lo
scopo di mettere alla prova una nuova idea per “ripulire” l’orbita terrestre
dalla spazzatura di cui è piena. Questa spazzatura, o detriti, consiste di
satelliti, o di loro parti, non più funzionanti. Ci sono oltre 19.000 detriti
catalogati, più grandi di 5 centimetri, che vengono seguiti via radar, ma si
stima ce ne possono essere altri 300.000 più piccoli, pur sempre pericolosi.
L’idea giapponese è quella di attaccare ai detriti un filo di materiale
conduttore, che li colleghi al satellite. Muovendosi nel campo magnetico
terrestre, nel filo si produce una corrente elettrica, sottraendo energia al
detrito spaziale , che si sposta così su un orbita più bassa. A un certo punto
è sufficiente abbandonare il detrito perché l’atmosfera, ancorché rarefatta, lo
rallenti abbastanza da farlo precipitare e bruciare. Il satellite può a quel
punto risalire e agganciarsi a un altro detrito, ripetendo il processo. In
realtà, STARs-2 è composto da due minisatelliti cubici di 30 centimetri di lato
che si allontaneranno di 300 metri, collegati appunto da un cavo,
allontaneranno di 300 metri, collegati appunto da un cavo, solamente per
mettere alla prova l’idea, e al momento non è ancora stata indicata una data
per l’esperimento. Ma il Giappone ha già annunciato, in caso di esito positivo,
di voler procedere con la sperimentazione su un vero detrito già nel corso del
2015. La bellezza dell’idea è la sua semplicità e, soprattutto, economicità.
Poiché lo spazio usato da tutti ma non è di nessuno, finora non ci sono stati
tentativi seri di ripulirlo. Il fatto che il sistema funzioni solo con i
detriti più grandi non è un limite. Questo non sono i più pericolosi, perché
facili da controllare, ma in caso di collisione possono creare veri e propri
sciami di proiettili: lo scenario mostrato nel recente film “Gravity”. Una
simile eventualità potrebbe rendere lo spazio totalmente inabitabile per un
lunghissimo periodo.
Aldo Conti – Pulizie orbitali –
L’Espresso – 28 agosto - 2014
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