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domenica 7 settembre 2014

Lo Sapevate Che: Bonga Bonga....



 Ho ritrovato, rovistando nel computer, due Bustine che avevo scritto a metà degli anni Ottanta, e in cui parlavo della misteriosa tribù dei Bonga Bonga. Era un modo di citare alcune abitudini che stavano prendendo piede da noi, ma che ci facevano apparire come una comunità primitiva. L’argomento della seconda Bustina era l’applauso. Raccontavo che nei tempi antichi i Bonga applaudivano per due ragioni: o perché erano contenti di un bello spettacolo, o perché volevano onorare una persona di gran merito.(..). Anche Il Pubblico A Casa aveva iniziato a desiderare di poter applaudire, e torme di Bonga si presentavano ormai volontariamente negli auditori televisivi, disposti a pagare per poter battere le mani, ed era stato lo stesso presentatore a dire ad alta voce, nei momenti giusti: “E ora un bell’applauso”. Ma ben presto gli spettatori in sala avevano incominciato ad applaudire senza che il presentatore li esortasse. Bastava che egli interrogasse un astante chiedendogli che mestiere facesse, che quello rispondesse “Curo la camera a gas del canile municipale”, e tutti esplodevano in una fragorosa ovazione.(..). L’applauso era così divenuto indispensabile, altrimenti il programma sarebbe apparso artefatto, e gli spettatori avrebbero cambiato canale. I Bonga chiedevano che la televisione mostrasse la vita vera, così come è, senza finzioni, e la vita vera era ormai identificata con persone che applaudivano. Per sentirsi ancorati alla vita i Bonga avevano poi iniziato ad applaudire sempre, anche fuori della televisione. Applaudivano ai funerali, e non perché fossero contenti né per far piacere al defunto, ma per non sentirsi ombre tra le ombre, per sentirsi vivi e reali, come le immagini che si vedono sul teleschermo. Un giorno (raccontavo) ero in una casa ed era entrato un parente che aveva detto: “Poco fa la nonna è stata stritolata da un Tir!”. Tutti si erano alzati in piedi e avevano battuto le mani. Questa la mia storia di allora. Nonna a parte, mi pare che in questi trent’anni l’uso dell’applauso si sia sempre più diffuso. Mi veniva in mente l’altra sera quando seguivo un programma molto simpatico, “Reazione a catena”, diretto da Amadeus. Si confrontano due squadre di tre persone ciascuna, che tentano di indovinare delle parole, e mi pare logico che una squadra applauda quando un suo membro indovina. Ma applaudono anche quando indovina un avversario. E applaude a se stesso anche chi ha indovinato. E tutta la squadra applaude quando ha sbagliato e rischia l’esclusione. E tutti applaudono quando Amadeus annuncia che si passa da un gioco a un altro. Però Non Si Capisce perché ormai si applaude anche ai funerali delle vittime della mafia. Per manifestare la nostra contentezza o per fare un inchino agli assassini? Forse per dignità e rispetto dovremmo smettere di applaudire quando il presidente della Repubblica depone una corona davanti alla tomba del Milite Ignoto.
Umberto Eco – La bustina di Minerva – L’Espresso – 28 agosto 2014 -

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