Do you remember Costa Concordia?
E’ ancora lì, davanti
al Giglio, e nessuno decide cosa farne.
Intanto il governo
cancella il decreto che finanziava un tratto di autostrada già cominciato e di
cui si parla dal 1968. Ma lo si vuole completare o no? E non si è parlato di
“sblocca Italia”?
Merita attenzione una storia apparentemente minore che però
sembra riassumere in sé un certo modo italico di fare politica, e politica
economica, che non vorremmo più vedere. Dunque è successo che venerdì 20
giugno, poche ore prima che si riunisse il Consiglio dei ministri, sparisse
dall’ordine del giorno un decreto del governo con il quale si distribuivano un
po’ di soldi per opere pubbliche, importanti e meno importanti, ma comunque già
avviate, con tanto di operai in azione e gru in movimento. Lavori che adesso si
fermeranno per mancanza di soldi. Per un premier che ha coniato lo slogan
“sblocca Italia” - da ritardi, pastoie e
burocrazia – l’improvviso stop non suona bene.
Dentro Quel Decreto in verità, c’era un po’ di tutto:
metropolitana di Napoli e raddoppio di linee ferroviarie; infrastrutture
stradali e portuali primarie (Piombino) e secondarie; e soprattutto l’eterno
completamento dell’Autostrada Tirrenica per la quale si progetta e ci si accapiglia
– senza costrutto – dal 1968. (…) su a Cecina, regno incontrastato di Altero
Matteoli, dove sono stati ultimati quattro faraonici chilometri di caselli e
raccordi con l’autostrada per Genova (costo 55 milioni, 13 mila e 750 euro al
metro); e da Civitavecchia a Tarquinia dove sono stati già divelti alberi,
espropriati campi, spianati terreni in attesa della proverbiale colata di
asfalto. Che per ora non ci sarà. Fino a quando? E innanzitutto, perché lo stop
inatteso? (…)
Ora però, pur lasciando da parte le illazioni, e anche
l’eterna guerra tra ambientalismo e ansia del fare, la quarantennale vicenda
autostradale parla da sola. In giro per il mondo, una qualunque cosa si fa o
non si fa. In Italia, invece, dove la linea più breve tra due punti è l’arabesco
(Ennio Flaiano), non si fa ma si fa, oppure si fa ma non si fa. Va’ a sapere.
(…) E’ troppo dopo trent’anni chiedere una parola definitiva, o si ferma tutto
per costi eccessivi e danni all’ambiente o si va avanti senza indugi? Purchè si
decida, per favore.
A questo Punto, per associazione di idee, torna a
mente un’altra storia, anch’essa italiana, quella della Costa Concordia. Che
affonda per una bravata da guappo, risorge per un “torni a bordo, cazzo” e
brilla per il genio italico che la rimette in piedi. E che poi però resta lì
immobile davanti al Giglio per mesi, in attesa che qualcuno ne decida il
destino ristrutturatorio. Che magari sarà lontano da qui, in Turchia, dove la
carcassa arriverà dopo aver pericolosamente attraversato santuari che in altri momenti
si vorrebbero vergini. Faciloneria, estro, irresponsabilità. Se, come s’usa
dire, riuscissimo a cambiare verso anche qui, il Paese ci guadagnerebbe
davvero.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 3 luglio 2014
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