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sabato 26 luglio 2014

Lo Sapevate Che: Cosa Rischiamo con gli Ogm




Sono una scienziata che ha fatto e continua a fare ricerca sulle piante transgeniche (Gm). Non ho posizioni “antibiotech”, anzi non mi stanco mai di ripetere che senza biotecnologie dovremmo rinunciare non solo a pane, birra, vino, yogurt, antibiotici e cortisone, ma anche a insulina, interferone e molte altre sostanze fondamentali per la nostra salute, prodotte con tecniche di ingegneria genetica. (..). Tuttavia nutro alcune riserve sulla coltivazione in pieno campo delle piante Gm, basate sui dati pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche. Il primo problema riguarda il tipo di trasformazione genetica delle colture più diffuse – mais, soia,cotone e colza – modificate nella misura dell’83 per cento con un gene che le rende capace di tollerare erbicidi. Poiché il transgene è presente anche nel polline, si può diffondere, per esempio nel caso della colza, a distanze di alcuni km e ibridare con specie infestanti compatibili, che possono così acquisire la capacità di tollerare erbicidi, diventando “super infestanti”. Con grave danno per gli agricoltori, che non disporrebbero più di mezzi per combatterle. Il secondo problema riguarda l’insorgenza alle tossine Bt – presenti nel mais Gm – da parte degli insetti nocivi. La strategia messa a punto negli Usa per ritardare questo fenomeno consiste nell’adozione di zone rifugio, coltivate con varietà di mais non transgenico, che devono essere almeno il 20 per cento dell’area totale coltivata a mais Bt. (..). Così le colture transgeniche Bt diventano uno strumento di selezione di insetti nocivi resistenti alle tossine Bt che avrebbero dovuto sterminarli. Per quanto riguarda il problema della fame nel mondo, occorre chiarire che mais, cotone, soia, colza sono colture industriali. In particolare soia e mais sono utilizzate principalmente per produrre mangimi animali e quindi carne, latte e formaggio, che cere non sono destinati ai mercati dei paesi più poveri e affamati. Non escludo che nel futuro possano essere sviluppate piante Gm altamente produttive,(..). E comunque se fossero sviluppate, perché le popolazioni povere ne potessero trarre giovamento, i loro semi non dovrebbero essere sottoposti a brevetto, e ai costi aggiuntivi relativi né comportare l’uso massiccio di fertilizzanti chimici ed erbicidi, i cui costi sono proibitivi per l’agricoltura africana. Per concludere vorrei ricordare la difficoltà di adozione delle distanze di sicurezza e delle zone rifugio, data la ridotta dimensione delle aziende agricole italiane. Il problema che si presenterà nel caso della coltivazione di mais Bt (cotone, soia e colza sono poco rappresentative della realtà agricola italiana) non sarà solo quello di un’adeguata regolamentazione, ma del rispetto delle regole. Alle quali è stato dedicato un lungo articolo su “Nature”, in cui si analizzano i problemi posti dall’eventuale introduzione su larga scala di riso transgenico in Cina.
Manuela Giovannetti – L’Espresso – 17 luglio 2014 –
Professore Ordinario di Microbiologia Agraria, Università di Pisa-

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