La riforma della
Costituzione proposta da Renzi produce effetti collaterali. Per esempio
rafforza i poteri del premier e indebolisce quelli del presidente della
Repubblica. Non sarebbe il caso di dire ai cittadini come stanno le cose?
Si fa, ma non si dice. Un inno all’ipocrisia? No: è l’inno
(silenzioso) della riforma costituzionale benedetta dal governo Renzi. Perché
non è vero che la riforma supera il bicameralismo paritario, disegna un nuovo
Senato, corregge il Titolo V sulle competenze regionali, si sbarazza del Cnel e
di vari altri ammennicoli. Nel suo complesso, nonché attraverso il combinato
disposto fra i ritocchi alla Costituzione e i rintocchi dell’Italicum, questo progetto determina un
effetto occulto sulla forma di governo, ne cambia i connotati per vie oblique e
indirette, ma non perciò meno incisive. (…).
Sta Di Fatto che in ogni Costituzione tout se
tient. Se sposti una pedina, quel movimento si comunica, per vibrazioni
successive, alle altre pedine, in un gioco di scambi e di reciproche influenze.
(…). E non è forse vero che il testo all’esame di palazzo Madama non detta una
parola sui poteri del Premier, nemmeno per concedergli la modesta facoltà di
sostituire i suoi ministri?Vero, ma al contempo falso. In quel testo gli unici
due riferimenti alle attribuzioni del governo riguardano i decreti legge e i
disegni di legge prioritari. Rispetto ai primi la riforma pianta dei paletti
per arginarne l’abuso, ma in realtà quei limiti li aveva già codificati la
Consulta. Viceversa i secondi esprimono una novità assoluta e non di poco
conto: 60 giorni per le iniziative legislative spostate dal Consiglio dei
ministri, prendere o lasciare. (…) .
Chi Ci Rimette? Il Capo dello Stato. Chiunque sia in
futuro, si scordi i governi del presidente, quali abbiamo via via sperimentato
da Dini, a Monti a Letta. Addio al ruolo di regnante: con questa nuova legge
elettorale, Sua Maestà Repubblicana sarà soltanto il presidente del Consiglio.
D’altronde quest’ultimo rappresenterà tutti gli italiani; il primo, unicamente
il suo partito. Cui basterà ottenere il 37 per cento alle elezioni, nonché un
terzo dei senatori-consiglieri regionali, per accaparrarsi pure il Quirinale.
Un altro effetto occulto della riforma, che il subemendamento Gotor non
neutralizza: si limita ad allungare il brodo, spostando il quorum sufficiente
dalla quarta alla nona votazione. (…).
Morale della favola: metteteci una pezza. Per esempio
innalzando l’asticella del premio di maggioranza, rafforzando la Consulta,
introducendo nuove garanzie. Però allo stesso tempo, togliete la pezza che ci
impedisce di vedere il gioco. Che è un gioco d’illusioni e di doppioni, oggi
come ieri. In passato era la Costituzione materiale contro quella scritta; ora
è la Costituzione scritta contro la Costituzione riscritta.
michele.ainis@uniroma3.it – Michele Ainis – L’Espresso – 24
luglio 2014 –
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