In alcune regioni
d’Italia le meduse vengono tenute lontano dalle spiagge con speciali reti
galleggianti. In Corea utilizzano invece storni di robot assassini, per
triturarle in alto mare. Dall’Istituto Cnrdi Scienze delle Produzioni Alimentari
di Lecce arriva però una proposta differente: se non puoi vincere il tuo
nemico…mangialo. E d’altra parte in paesi come la Cina le gelatinose creature
sono considerate un cibo da gourmet da quasi cinque millenni, e a livello
mondiale il giro di affari legato al loro consumo alimentare supera oggi i 25
milioni di euro. Provate a proporre un’insalata di meduse in Italia però, e
vedrete probabilmente arricciarsi molti nasi. Eppure, assicurano i ricercatori
pugliesi, sono un cibo gustoso, e sanissimo: hanno un basso contenuto calorico,
e sono ricche di proteine, omega 3 e omega 6. Pescandole a scopo alimentare
contribuiremmo quindi a tenere sotto controllo il numero di esemplari presenti
nei nostri mari, a tutto vantaggio dei pescatori e degli operatori turistici,
spesso danneggiati dalla loro presenza, e persino del Servizio Sanitario. Solo
in Salento infatti, negli scorsi tre anni le punture di meduse hanno causato
una spesa di circa 400 mila euro, cifra che prendendo in considerazione tutta
l’area del Mediterraneo, dove nel 2013 sono stati oltre due milioni i bagnanti
colpiti dalle meduse, sale a diversi milioni. Gli ostacoli da superare perché
si diffonda il consumo di meduse non saranno però solamente di natura culturale. Oggi
infatti l’Ue riconosce come commestibili le meduse asiatiche, ma non quelle
europee. Il progetto, realizzato in collaborazione con l’Università del
Salento, punta quindi a superare queste difficoltà, approfondendo le conoscenze
disponibili sulle proprietà nutrizionali delle meduse nostrane, e indagandone i
possibili utilizzi anche nel campo della zootecnica, e della ricerca
farmacologica.
Simone Valesini –
L’Espresso – 17 Luglio 2014
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