Quanto è timido Renzi
se si parla di economia
Determinato e
decisionista quando si tratta di vincere le primarie o detronizzare Letta.
Molto più incerto nell’azione a favore delle imprese. Eppure il governo ha già
annunciato cosa vorrebbe fare per rilanciare la crescita
(…). Preparatissimo su molteplici aspetti della cultura pop
della nostra era, il premier Renzi, dà l’impressione di aver eletto tale
massima filosofica a faro illuminante della sua azione in politica economica.
Egli infatti dimostra risolutezza quando si tratta di vincere primarie,
detronizzare Letta, sfidare Grillo, i sepolcri imbiancati del suo partito o
la Cgil e financo nel far approvare
riforme elettorali e costituzionali di dubbia efficacia. Poi, quando si devono
prendere decisioni relative al nodo fondamentale della vita italiana, il
prolungato declino economico, è vago o si parla d’altro. Prendiamo la bagarre
sulla “flessibilità” inscenata in Europa. E’ stata una mossa sbagliata sia di
principio sia tatticamente. L’Italia non ha alcun bisogno di interpretare in
modo “flessibile” trattati e direttive europee. (…) . in realtà, l’unica regola
cui faticosamente aderisce è quella del rapporto deficit-Pil del 3% imposto dal
Trattato di Maastricht. Inoltre, le regole esistono per essere rispettate non
violate, soprattutto in Europa, ove a una moneta unica non corrisponde nessun
governo e quindi è necessario un minimo di convergenza tra le politiche
economiche dei vari paesi. Infine, la deroga alla rigidità può forse (molto forse)
chiederla l’alunno che ha fatto i compiti a casa e chiede un giorno di vacanza
in più. non quello con la pagella ancora insufficiente.(…)
Il Bello E’ Che
L’Esecutivo non è a
corto di idee e soluzioni. La spending
review dell’invisibile (e stoico, verrebbe da dire) Cottarelli, che poteva
basarsi anche su quanto elaborato dai precedenti commissari Giarda e Bondi, è
pronta. (…) Persino all’interno del governo c’è chi ha messo nero su bianco una
lista di ragionevoli priorità. Lo ha fatto il vice-ministro Calenda il quale,
prendendo spunto dall’immaginifico “Business Plan” lanciato da Renzi, ha
elencato una serie di mosse concrete, a partire dal dimezzamento dell’Irap,
l’agenda digitale, privatizzazioni e liberalizzazioni, tutte nel segno della
crescita.
Perché E’ proprio
Questo lo snodo
vitale. Gli 80 euro che hanno contribuito alla vittoria elettorale del Pd sono
stati una buona mossa per alleviare il disagio di ampie fasce della
popolazione.(…). In altre parole, la scelta che si impone al governo è questa:
evitare di accontentare tutti o di ricercare la popolarità e concentrarsi sulla crescita economica. E
per far ciò è necessario compiere scelte drastiche in favore dell’impresa che
rischiano di essere impopolari liberalizzazioni che scontentino corporazioni e
e potentati economici anche pubblici; taglio sostanzioso dell’Irap a fronte di
una reale riduzione della spesa pubblica; flessibilità vera del mercato del
lavoro sconfiggendo resistenze sindacali; corposa sburocratizzazione a costo di
scontrarsi con ministeri, enti locali, tribunali amministrativi e ordinari.
Quando parla degli investimenti stranieri, Renzi dimostra di avere gli istinti
giusti non cedendo alla retorica patriottarda e protezionista di destra e
sinistra ed altrettanto si può dire quando sfida i burosauri della Pa. E’ ora
che questi istinti si tramutino in azione di governo e il suo Business Plan
diventi un Plan a favore del Business.
adenicola@adamsmith.it
– L’Espresso – 31 luglio 2014 –
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