Parlare di sesso?
Un raro piacere
A renderlo più
difficile e necessario degli argomenti non sono i tabù,ma le parole.
Sempre troppe o troppo
poche per intendersi
“A me sto film me la fa passare, la voglia di far sesso”.
dice la mia amica nel quarto d’ora accademico che il cinema ci concede tra
Nynphomaniac part I e par II: “Lars von
Trier non ha mai fatto venire voglia di far sesso a nessuno”, le rispondo
tracannando tutti i pop corn che pozzo, per altre due ore sono tante…. “Però
vedere far sesso in genere sì, fa tecnicamente venire voglia di fare
altrettanto – tranne in questo film”. E infatti il tecnicismo è un punto di
discussione. Il sesso è una dicessi quelle manifestazioni/necessità/piaceri
umani di cui si parla peggio e con maggior difficoltà. Tutto questo non c’entra
ovviamente con il moralismo: è che è proprio difficile parlare bene di sesso,
raccontarlo con la temperatura emotiva giusta. (…).
Desacralizzato, il sesso diventa piatto, Lars von Trier lo
abbatte raccontandolo in senso patologico, come quella carrellata di piselli
multicolor che a un certo punto scorrono sullo schermo. “Piselli”, perché c’è
anche un lessico particolare nel parlare di sesso, che come tutti i lessici da
scegliere affinché la comunicazione funzioni, deve tener conto della
comprensione altrui. Una cosa è parlare di sesso con la donna/l’uomo con cui
quel sesso si fa, una cosa è parlare di sesso con la propria amica, con cui si
condivide un’immagine di sesso, e altro è parlarne a un genitore, anche da
adulti, anche quando quei genitori sono nonni e quindi danno per certo che i
propri figli sappiano cosa è il sesso. (…).
Quando si dice che è difficile parlare di sesso ai bambini la
principale difficoltà sta nel trovare le parole giuste. Se fosse facile tra
adulti parlare di sesso, parte delle resistenze a farlo con i bambini cadrebbe.
Non si sa spiegare solo ciò che non si conosce bene, diceva un mio professore
al liceo. E il sesso è quanto di più inconoscibile esista proprio in un’epoca
che lo mostra, ma poi non ne sappiamo parlare. (…)
“Quando scrivi di sesso, prima masturbati” suggeriva Elsa
Morante a Pier Giuseppe Murgia: un consiglio che dire pratico è dire poco. Lei
voleva dire: liberati di quella tensione che da solo l’argomento sviluppa e che
rovinerà qualunque discorso sensato. Più comunemente mi è successo la settimana
di parlare di pornografia con un amico, e di aggiungere “lo dico senza alcuna
malizia, eh?”. E lui, serio e compunto, affrettarsi a ribattere “ma è ovvio”.
Ovvio un corno, e se fosse stato ovvio nessuno avrebbe aggiunto nulla.
Potrebbe essere, il sesso, un argomento che si autoesclude
appena compare? Un tabù in questo senso, che scompare a nominarlo, lasciando al
suo posto, al posto della tensione, e della bellezza, solo gli strumenti del
mestiere, senza il manufatto compiuto (oops)?Si dice a Napoli zitt’ a chi sape
o jiuoc, stia zitto chi conosce il gioco.
Valeria Parrella – Donna di Repubblica – 5 luglio 2014 –
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