Tutti parlano di
Palazzo Madama o del misterioso Titolo V. Sono, invece, altre le questioni che
interessano davvero gli italiani: scuola sanità e, soprattutto, lavoro. Di
questo nemmeno si discute, e il cambiamento è ancora lontano
Tra le parole che in questi anni sono diventate spugne
succhia-tutto svetta quella “riformismo”. Tutti per le riforme: necessarie,
urgenti, ovunque e comunque, senza se e senza ma. (..). Sotto il segno di
questo riformismo hanno avuto luogo svolte e conflitti decisivi del “secolo
breve”, grandi “battaglie culturali” all’interno del socialismo europeo. Mai si
era visto discutere di riforma delle assemblee rappresentative in assenza di
qualsiasi prospettiva in materia di esecutivo. Mai il problema istituzionale
era stato considerato, dai “riformisti”, a prescindere dagli interessi concreti
che si riteneva di dover rappresentare. Mai una riforma elettorale era stata
affrontata per garantire la “governabilità” attraverso la medesima forma di
governo che si predica di voler trasformare!
La Confusione Regna Sovrana sotto il cielo, (..). Possibile
affrontare seriamente il capitolo “risorse umane” con insegnanti sottopagati,
programmi arcaici, università publiche totalmente burocratizzate? A quando
l’applicazione dei costi standard alla sanità? E per il lavoro? Probabilmente
sono decine di migliaia i posti disponibili per giovani anche nel settore
manifatturiero, ma per sbloccarli non basta qualche incentivo fiscale,
occorrono soldi, credibili ammortizzatori e programmi di recupero per quei
lavoratori che il salto tecnologico ha reso anzitempo “maturi”. Bene gli 80
euro – e ora?(..) . Un piccolo sospetto: perché tutto il dibattito incentrato
su Senato, Titolo V e via dicendo, invece che su queste questioncelle? (..) .
Perché Sulle Vere
Riforme, alla cui
logica dovrebbe accordarsi quella istituzionale, latitano non solo le
decisioni, ma anche la discussione? Questa domanda riguarda il cuore stesso
della nostra Costituzione. Essa è
progressiva poiché impegna esplicitamente a rimuovere tutti gli ostacoli
che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, uguaglianza di
condizioni nell’usufruire dei servizi fondamentali e nell’accesso al lavoro
(articoli 3 e 4). La Costituzione intende la partecipazione dei cittadini alla
vita politica di questo senso: come battaglia
per la realizzazione di queste condizioni di reale uguaglianza. Ma chi avrebbe dovuto condurla? Nello
spirito dei costituenti è del tutto evidente che avrebbero dovuto essere le
forze politiche, i partiti in primis. Il venir meno della forza propulsiva
della Carta coincide con il collasso del sistema dei partiti, con la loro
impotenza a auto-riformarsi. La Carta pensava che attraverso la discussione e
elaborazione strategica al loro interno sarebbero emersi i programmi concreti
di riforma volti a “rimuovere gli ostacoli” che impediscono “il pieno sviluppo
della persona umana”. Non certo da individualità carismatiche o da
“grida”populistiche. Se non comprendiamo questo spirito della Costituzione,
possiamo modificare altre mille volte il Titolo V, senza che i disoccupati
diminuiscano di una unità o un giovane laureato in più cessi di dover “pregare”
per un lavoro (e cioè di essere precarius).
Massimo Cacciari – L’Espresso – 10 luglio 2014
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