Anche quando funziona
bene, la relazione tra mamma e bambino è troppo stretta per garantire da sola i
processi di crescita. di autonomia e di apprendimento delle regole
Sono una docente di scuola d’infanzia da quasi 35 anni e ogni
volta mi indigno quando le disposizioni ministeriali pensano solo a nuovi
metodi più adeguati di reclutamento (..), all’aumento dei bambini in ogni
sezione, all’accesso degli anticipatari di due anni e mezzo, mettendo a
disposizione sempre minori risorse umane (..), tanto da far dipendere le scuole
totalmente dalla generosità delle famiglia (..). Un’altra proposta grave è
trattenere le insegnanti fino a 40 anni di servizio o 65 anni di età: non solo
saremo delle nonne, ma finiremo per diventare streghe sfinite. (..). Aggiungo
che nella generalità dei casi la scuola dell’infanzia non è quella che finisce
in prima pagina quando si verificano violenze fisiche, psicologiche e a volte
sembra anche sessuali, ma quella dove migliiiaia di brave insegnanti cercano di far crescere i bambini
serenamente nella difficile quotidianità.
Franca Valentini
Mi consente di cambiare punto di vista? Quello che lei dice è
vero e in ogni suo aspetto condivisibile, ma io penso che gran parte della
demotivazione di chi opera nelle scuole d’infanzia non dipenda solo dagli
impropri provvedimenti ministeriali, ma anche e soprattutto dall’atteggiamento
di molte mamme (i padri chissà dove sono), le quali guardano alla scuola
d’infanzia solo dal punto di vista dell’assistenza, che ritengono tanto più
buona quanto più lunga è la permanenza dei bambini nella struttura ospitante,
preoccupate solo degli orari, della vicinanza a casa, della qualità del cibo,
della presenza più o meno numerosa dei figli di immigrati.(..) . Non solo: le
mamme non hanno il minimo dubbio circa la loro idoneità a crescere i figli,
quando invece molto spesso dovrebbero averne, e al tempo stesso si guardano
bene dal chiedere indicazioni a quelle operatrici del settore che vivono con i loro bambini e hanno la
possibilità di constatare quotidianamente di quanta incuria sono figli, in
ordine alla comunicazione emotiva, al tempo loro concesso per stare insieme ai
genitori. (…) . Ma anche quando è corretta, la relazione madre-bambino è un
circuito troppo stretto e angusto per garantire i processi di crescita, di
autonomia, di apprendimento delle regole di convivenza, così utili nell’età
adulta per conoscere i confini nell’esercizio della propria libertà che ha
sempre nell’altro il suo limite. (..)
Le scuole d’infanzia svolgono questo insostituibile ruolo.
Sostenerle significa aumentarne il numero, qualificare il loro personale, ma
soprattutto non mortificare le educatrici, da cui i genitori potrebbero
apprendere cosa manca alla loro capacità educativa che non mettono mai in
discussione, persuasi che basta l’amore che sentono “dentro” per i loro
bambini, anche se “fuori” non ai risparmiano litigi spesso violenti in presenza
dei piccoli, i quali restano disorientati e comunque afflitti da questa
mancanza di serenità, così essenziale, perché si solidifichi in loro quella che
gli psicologi dell’infanzia (…) chiamano “fiducia di base”.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 5 luglio 2014
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