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giovedì 10 luglio 2014

Lo Sapevate Che: L'asilo è scuola di vita, non un parcheggio....



Anche quando funziona bene, la relazione tra mamma e bambino è troppo stretta per garantire da sola i processi di crescita. di autonomia e di apprendimento delle regole

Sono una docente di scuola d’infanzia da quasi 35 anni e ogni volta mi indigno quando le disposizioni ministeriali pensano solo a nuovi metodi più adeguati di reclutamento (..), all’aumento dei bambini in ogni sezione, all’accesso degli anticipatari di due anni e mezzo, mettendo a disposizione sempre minori risorse umane (..), tanto da far dipendere le scuole totalmente dalla generosità delle famiglia (..). Un’altra proposta grave è trattenere le insegnanti fino a 40 anni di servizio o 65 anni di età: non solo saremo delle nonne, ma finiremo per diventare streghe sfinite. (..). Aggiungo che nella generalità dei casi la scuola dell’infanzia non è quella che finisce in prima pagina quando si verificano violenze fisiche, psicologiche e a volte sembra anche sessuali, ma quella dove migliiiaia di brave insegnanti   cercano di far crescere i bambini serenamente nella difficile quotidianità.
Franca Valentini
Mi consente di cambiare punto di vista? Quello che lei dice è vero e in ogni suo aspetto condivisibile, ma io penso che gran parte della demotivazione di chi opera nelle scuole d’infanzia non dipenda solo dagli impropri provvedimenti ministeriali, ma anche e soprattutto dall’atteggiamento di molte mamme (i padri chissà dove sono), le quali guardano alla scuola d’infanzia solo dal punto di vista dell’assistenza, che ritengono tanto più buona quanto più lunga è la permanenza dei bambini nella struttura ospitante, preoccupate solo degli orari, della vicinanza a casa, della qualità del cibo, della presenza più o meno numerosa dei figli di immigrati.(..) . Non solo: le mamme non hanno il minimo dubbio circa la loro idoneità a crescere i figli, quando invece molto spesso dovrebbero averne, e al tempo stesso si guardano bene dal chiedere indicazioni a quelle operatrici del settore che  vivono con i loro bambini e hanno la possibilità di constatare quotidianamente di quanta incuria sono figli, in ordine alla comunicazione emotiva, al tempo loro concesso per stare insieme ai genitori. (…) . Ma anche quando è corretta, la relazione madre-bambino è un circuito troppo stretto e angusto per garantire i processi di crescita, di autonomia, di apprendimento delle regole di convivenza, così utili nell’età adulta per conoscere i confini nell’esercizio della propria libertà che ha sempre nell’altro il suo limite. (..)
Le scuole d’infanzia svolgono questo insostituibile ruolo. Sostenerle significa aumentarne il numero, qualificare il loro personale, ma soprattutto non mortificare le educatrici, da cui i genitori potrebbero apprendere cosa manca alla loro capacità educativa che non mettono mai in discussione, persuasi che basta l’amore che sentono “dentro” per i loro bambini, anche se “fuori” non ai risparmiano litigi spesso violenti in presenza dei piccoli, i quali restano disorientati e comunque afflitti da questa mancanza di serenità, così essenziale, perché si solidifichi in loro quella che gli psicologi dell’infanzia (…) chiamano “fiducia di base”.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 5 luglio 2014

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