Nelle latebre del Dna
Era proprio necessario
sbattere in prima pagina le vicende
della famiglia dell’uomo accusato dell’omicidio di Yara? Oggi nell’era di
WikiLeaks la privatezza non esiste più. E i panni sporchi si lavano in televisione
La Bustina scorsa svevo commentato cosa accade in un universo
in cui è scomparsa la privatezza e tutti possono sapere che cosa facciamo. Ne
avevo concluso che sembra inutile che ci si batta per conservare zone di
riserbo quando la tendenza generale sembra essere quella di voler essere visti
e sentiti ad ogni costo per avere la sensazione di esistere. La gente non vuole
la privatezza, anche se l’invoca.
Ora nel caso Yara è accaduto qualcosa di diverso. Qualcuno –
e se non gli inquirenti, la stampa o qualche altra fonte – non solo ha detto
che il colpevole era Bossetti (il quale, mentre scrivo, è ancora soltanto un “presunto”
colpevole), e che la sua colpevolezza era stata scoperta grazie alla prova del
Dna, ma che per questa via si era dimostrato che era figlio illegittimo di un
tale, che con questo tale la sua signora mamma aveva avuto decenni fa una
relazione adulterina, che il marito della mamma non l’aveva mai saputo, aveva
allevato Bossetti come figlio suo, e adesso manifestava un’ira furibonda,
eccetera eccetera.
Subito, Dopo La Prima eccitazione, si sono levate voci di
sdegno: va bene arrestare un colpevole, ma era necessario proclamare col
megafono tutto quello che era successo nella sua famiglia, facendo fare una
figura sgradevolissima sia alla mamma sia al non-papà, rovinando di fatto una
unione coniugale, tirando in ballo ed esponendo alla pubblica gogna persone che
col delitto non c’entravano e avrebbero avuto diritto di non vedere esposti in
pubblico i soliti panni sporchi? (…). Ci saremmo domandati cosa ci celavano
magistratura e forze dell’ordine: ci ci diceva che avessero agito bene (o, come
si suol dire, “con professionalità”)? L’opinione pubblica, si sarebbe gridato,
ha diritto di sapere!
E’ Che Il Pubblico Si E’ Abituato con Wikileak secondo le
rivelazioni di Snowden, al fatto che tutto, ma davvero tutto, deve essere
pubblico. Il che è giusto sino a un certo punto: certe marachelle pubbliche o
private vanno svelate e denunciate ma in principio, perché una macchina statale
possa funzionare, i rapporti d’ambasciata e vari documenti governativi debbono
poter essere riservati. (…) . Alcuni progetti devono rimanere segreti, almeno
sino a che è essenziale la loro riuscita (che può essere virtuosa).
Ma la perdita della privatezza, specie dopo i fatti Wikileaks e Snowden, è stata
elevata a principio etico e tutti sentono il bisogno che tutto venga detto,
sempre, in ogni caso. Pertanto se le presenti vicende dei parenti di Bossetti
fossero state taciute, si sarebbero accusati gli inquirenti di sordido
complotto.
E allora di che ci lamentiamo? La mamma di Bossetti, e quello
che sino a ieri era ritenuto suo padre, debbono ormai prendere atto che i panni
sporchi si lavano in televisione, durante la pubblicità delle lavatrici. Se la
perdita della privatezza è arrivata (giustamente) nelle latebre del Dna, non
può che trionfare sempre e ovunque. Che ci piaccia o no.
Umberto Eco – L’Espresso – 31 luglio 2014 –
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