Il Governo “fa spogliatoio” anche se in
Campo la passione non c’è più
“Con me lo spogliatoio deve essere come
una chiesa”, ci disse al suo arrivo l’allenatore col quale vinsi giovanissimo
il mio primo campionato di calcio da dilettante. Quella frase, lontanissima per
spirito da ogni suggestione
jovanottiana
futura, rimase scolpita nel nostro immaginario di creature come citazione utile
da usare in ogni contesto nel quale ci sarebbe stato bisogno di silenzio,
unità, omertà, inaccessibilità e mistero (tutte doti che, benché avulso dal
contesto di riferimento, attribuivo alla vita di Chiesa).
Eravamo
plasmabili e pieni di entusiasmo, il monito funzionò; forti, allineati e
compatti verso l’obiettivo comune, vincemmo il campionato divertendoci al punto
che ancora oggi alcuni dei miei migliori amici sono i miei compagni di allora.
Ripenso
alla sacralità dello spogliatoio nel momento in cui Enrico Letta, per
giustificare la prima uscita ufficiale e di gruppo del suo giovane governo
Frankenstein, evoca per i neoministri l’esigenza di “fare spogliatoio”,
conoscersi meglio, compattarsi e serrare le fila per meglio individuare
l’obiettivo comune e poi magari essere un domani migliori amici, in ricordo dei
bei tempi. Che accidentalmente, però, sarebbero questi. Tempi in cui comunque,
presentarsi al pulmino che ti sa per portare in ritiro monastico a bordo di
un’auto blu non aiuta ad avere i tifosi dalla propria parte. Tempi in cui,
benché ministro, il trolley a bordo potresti pure portartelo da solo invece di
regalare al circo mediatico in agguato la foto del commesso di Palazzo Chigi
che ti fa da facchino. Tempi in cui, per qualche strana ragione, financo gli
eredi dell’autorevolezza democristiana finiscono per emulare le discutibili
iniziative di situazionismo a cinque stelle (la gita di gruppo, il silenzio
stampa), salvo partire separati verso la destinazione, generare figli e
figliastri, seminare zizzanie e isolare allenatori e prime donne che
inevitabilmente finiscono per litigare su questioni di merito, tattica, strategia,
visione del mondo e della vita. Lo spogliatoio rischia così di spaccarsi alla
prima amichevole, la panchina del giovane allenatore balla, l’esonero è lì,
nelle condizioni dell’ingaggio.
Che
poi, a ben pensarci, “fare spogliatoio” era proprio l’ultima delle cose che i
tifosi, ormai stremati dalle troppe delusioni, avevano chiesto ai giocatori
rimasti in campo. Non vi mischiate, non fate comunella, restate diversi, o
almeno date la sensazione di esserlo. E invece niente, senza fede né passione,
senza neanche più la forza di provare a contestare.
Diego
Bianchi – Venerdì di Repubblica – 24-
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