Perché Ad Alcuni Potere E Denaro
Non Bastano mai?
Che cosa
spinge i politici, e non solo loro, a non separarsi mai dal potere? E che cosa
porta i super-ricchi ad accumulare denaro senza limite, a volte a qualunque
costo?
Premesso che il mio livello culturale è da vecchia
terza media, le domande che sto per farle sono stupide o banali, ma da anni me
le pongo e le risposte che i do non mi bastano. Vengo al punto: parlando
soprattutto di uomini politici ma non solo di loro, mi chiedo: com’è che non
mollano mai? Anche quando non hanno più preoccupazioni economiche, e nei fatti
hanno la certezza di eventuali impunità, anche quando avvertono la repulsione
generalizzata?
Presunzione infinita? Delirio di onnipotenza? Voglia
di comandare? Megalomania? La prego, mi
dica che c’è sotto qualcosa di più profondo della cattiva educazione da bimbi
viziati. La seconda domanda sento che è in qualche modo collegata alla prima,
ma non riesco a mettere bene a fuoco come. Secondo lei che differenza c’è tra
possedere trenta milioni di euro e possederne trentuno? Come cambia la
percezione della vita? Cos’è che fa valer la pena, in caso di ricchezze
illecite, di continuare a violare le leggi? Cos’è che fa rischiare l’infarto in
battaglie finanziarie a uomini d’affari che trascurano ogni altro aspetto della
vita pur essendo economicamente stragarantiti? Cos’è che non fa mai dire
“basta, sono a posto”? O, anche qui, non si va oltre la banale “greed” di
Gordon Gekko?
Roberto Balili – roberto.balili@gmail.com
Oltre alla
dipendenza dall’alcool, dalle droghe, dal gioco, dal sesso, esiste anche una
dipendenza dal potere e dal denaro. E come chi ha già bevuto abbastanza non si
lascia convincere che forse è meglio che smetta, o chi ha già perso somme
significative al tavolo da gioco non è in grado di interrompere le puntate, o
chi dipende dal sesso non sa contenersi in alcuna circostanza che cerca o gli
si offre, così chi è affetto da
dipendenza dal potere o dal denaro è costretto ad accrescerlo o almeno a
mantenerlo a tutti i costi, non perché il livello raggiunto non gli basta, ma
perché se si arrestasse nella sua rincorsa al potere o al denaro ne andrebbe
della sua identità.
Più
specificatamente, l’incapacità di abbandonare il potere sembra sia connessa a
una carenza di identità dovuta a scarsi riconoscimenti nell’infanzia,
accompagnati da soverchianti richieste genitoriali che generano un senso di inadeguatezza
a cui i più si rassegnano, mentre gli uomini di potere non cessano di cercare
nel riconoscimento esterno. Questa teoria, formulata da Manfred Kets De Vries,
della Havard Busines School, trova conferma nel fatto che per compensare il
bisogno di attenzione, riconoscimento e affetto non riscosso da bambino, l’uomo
di potere ha una sorta di coazione a comparire, a farsi vedere, riscuotere
approvazione, consenso, seguito, per non fare i conti con la scarsa stima di sé
che segretamente avverte.
Apprendo
inoltre dalla lettura di La morte del prossimo di Luigi Zoja che una ricerca
dell’Università di Surrey ha comparato un gruppo di 39 manager di successo con altrettanti criminali
riscontrando in entrambi i gruppi caratteristiche antisociali, immoralità e un
alto tasso di aggressività, che nei manager, (definiti “psicopatici di
successo” a differenza dei criminali, “psicopatici senza successo”) non è
immediatamente visibile e quindi più pericolosa, accompagnata da un cinismo non
dissimile da quello riscontrato nei criminali. Come si fa, con questa natura, a
separarli dal potere?
Per quanto riguarda
invece la coazione ad accumulare denaro senza alcun limite e misura, la
spiegazione la si può leggere nel primo libro del Capitale, dove Marx scrive
che ciò che affascina nel denaro non è la sua materialità, ma la sua “sistematicità”,
dovuta alla sua capacità di sostituire tutti i valori, per cui il capitalista
non è avaro, ma “feticista”.
Su ciò
conviene anche il filosofo Jean Baudrillard che scrive: “Ciò che si adora nel
denaro è la conclusa perfezione di un sistema che viene “feticizzato”. La patologia
di chi accumula denaro al di là di ogni misura è simile a quella del
collezionista a cui non interessa la natura delle cose raccolte, ma la
sistematicità dell’insieme collezionato, che gli garantisce la sicurezza di un
mondo chiuso e invulnerabile. E’ questa invulnerabilità che interessa a chi
accumula denaro, non il denaro i sé.
Queste ie
risposte alle sue domande tutt’altro che banali sono naturalmente solo delle
interpretazioni, non esaustive ma senz’altro indicative di comportamenti, come
lei dice, altrimenti inspiegabili.
umbertogalimberti@repubblica.it - Donna di Repubblica – 01-06-13
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