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domenica 23 giugno 2013

Lo Sapevate Che: Ma Quanta Fretta....


Ma Quanta Fretta Nel Leggere Quel Telegiornale

I miei dodici lettori (il nostro scrittore più famoso diceva di
Averne venticinque: in proporzione, come vedete,
largheggio) penseranno che sono fissato: ma la lettura delle notizie, nei telegiornali di qualche nostra rete, sempre più mi affligge. Sarà una mia mania, lo ammetto però lo stile di lettura mi sembra importante, essenziale, come lo è la prosa di chi scrive nei giornali. E’ mai possibile che i responsabili della rete non se ne occupino? A un telegiornale che ascolto sovente alle ore 19, e avrete capito quale è, compare sovente un signore dalla faccia simpatica: e legge il notiziario a una velocità supersonica. Non riesco a seguirlo: perdo il filo, non capisco che cosa dice. Avrà fretta, chi sa: forse trova che sono noiose le notizie che ci comunica, e vuole liberarsene rapidamente. Ma perché non ha un po’ di considerazione per noi che ascoltiamo, con l’intento di capire che cosa succede nel mondo?
Orbene: il suo ritmo di lettura è sempre lo stesso, da mesi, da anni. Non se ne è accorto, il responsabile dell’informazione? Non gli ha mai detto: per favore, leggi un po’ più lentamente, un po’ più piano? Il ritmo di lettura dovrebbe essere deciso dalla direzione, non lasciato ai gusti di chi legge: come è sorvegliata dal direttore la scrittura di una notizia. Il signore di cui parlo si alterna con una signora, il cui ritmo, grazie al cielo, è compatibile con le mie facoltà intellettuali. Lei sfoggia tuttavia un’altra peculiarità: comincia una frase in modo promettente, poi rallenta all'improvviso, medita qualche tempo, riparte. Perché?
Direte che sono fissato, anche perché queste osservazioni le ho già fatte altre volte. Ma la lettura alla radio o alla televisione corrisponde alla scrittura in un giornale. E sulla scrittura, nei giornali ben fatti, vigono regole, si danno disposizioni. Ho l’impressione invece che alla nostra radio e televisione le regole non esistano: liberi tutti. Segno, lasciatemelo dire, di una professionalità un po’ modesta.
Piero Ottone – Venerdì di Repubblica – 14-6-13


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