L’Europa E’ Unita Ma Dalla Depressione
Depressione. Ecco la parola per
descrivere la crisi europea.
E, a conferma, basta elencarne gli indicatori
principali, primo fra tutti la caduta del Pil, in contrazione da ben sei
semestri, il periodo più lungo dal
dopoguerra. Altro indice dei tempi duri è il tasso di disoccupazione che ha raggiunto nel primo trimestre del 2013 il
12,2 per cento; particolarmente preoccupante è quello giovanile nella periferia
di Eurolandia: 62,5 in Grecia, 56,4 in Spagna, 42,5 in Portogallo e 40,5 in
Italia. Se a questi valori aggiungiamo la sperequazione dei redditi degli
ultimi vent’anni, otteniamo una miscela sociale esplosiva. E’ quello che
pensano alcuni sociologi: la matrice degli scontri violenti avvenuti lo scorso
mese in Svezia è stata proprio il cocktail micidiale tra disoccupazione
giovanile e diseguaglianze economiche (secondo le statistiche del’OCSE la
Svezia è la nazione europea dove al momento queste ultime crescono più
rapidamente). Il primato recessivo del vecchio continente va all’Italia, la cui
economia è in contrazione da più tempo: sette trimestri, e dove la produzione
industriale è in calo da ben 15 mesi. Secondo l’Istat questo è anche il Paese
dove l’avanzata della povertà è più marcata: negli ultimi due anni il numero
delle famiglie povere si è raddoppiato, i poveri sono 8,6 milioni, il 14 per
cento della popolazione. La disoccupazione continua a crescere, tanto che l’Ue
prevede che alla fine dell’anno si registrerà un ulteriore record: 10,6 per
cento, che verrà battuto nel 2014 quando il tasso di disoccupazione arriverà
all’11 per cento. Soluzioni? Foraggiare la pista del denaro nell’economia
reale, come ha fatto l’America dove l’economia è in netta ripresa.
Loretta Napoleoni- Venerdì di Repubblica – 14-6-13
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