Ogni Essere Umano Ha A Disposizione
Sempre Meno Acqua
Pasquale Steduto, della FAO: nel 2025, la dote idrica pro capite sarà ridotta a un terzo di
quella del 1950
Acqua, energia, cibo. Nella giornata mondiale
dell’ambiente (5 giugno), dalla Fao arriva un allarme che collega l’alterazione
del ciclo idrico, accelerata dal caos climatico, con la potenziale crisi del
sistema elettrico e con la battaglia contro la fame.
Il dato di partenza è, apparentemente, positivo. Il
numero delle persone prive di accesso all’acqua potabile tende a ridursi: nel
2011 erano l’11 per cento della popolazione globale (783 milioni), mentre nel
2015 si dovrebbe scendere all’8 per cento. Ma le ombre in questo lento percorso
di miglioramento sono tanto numerose da rischiare di invertire il segno del
processo.
Innanzitutto essere collegati a un sistema idrico non
significa che aprendo il rubinetto si possa sempre bere: in molte aree
l’irregolarità del servizio cresce. E l’effetto combinato della pressione
demografica e dell’aumento dei consumi pro capite è devastante: tra il 1980 e
il 2004 la quantità di acqua a disposizione di ogni essere umano è diminuita
del 40 per cento. Nel 2025 la dote pro
capite sarà meno di un terzo di quella del 1950.
“Inoltre nel 20 per cento dei campi il raccolto cresce
solo grazie all’irrigazione” ricorda Pasquale Steduto, vicedirettore della
divisione Terra e Acqua della Fao, che il 5 giugno sarà a Firenze per ricevere
il premio il Monito del Giardino promosso dalla Fondazione parchi monumentali
Bardini e Peyron e dalla Cassa di risparmio di Firenze. “E si prevede che per
il 2050 la superficie irrigua aumenti di un altro 20-22 per cento: una crescita
concentrata nei Paesi in via di sviluppo”.
Da dove verrà l’acqua necessaria a sfamare gli oltre
due miliardi di esseri umani che nell’arco dei prossimi decenni si
aggiungeranno al bilancio del Pianeta? In buona parte dalle falde di acqua
fossile, quella che si ricarica solo nel corso dei millenni perché il sistema
viaggia in rosso: utilizza più di quello che ogni anno viene rimesso in circolo
dal sistema idrico.
Con il risultato che le falde si abbassano: in Yemen
alla velocità di due metri l’anno (nella capitale, Sana’a, si arriva a sei
metri l’anno).
Infine, aggiunge Steduto, anche l’energia ha sete. Le
stime indicano che per produrre 1.000 chilowattora ci vogliono da 30 mila a 80
mila litri di acqua se le centrali sono a gas; da 0 mila a 200 mila litri se
sono a carbone o a gasolio; da 100 mila a 240 mila se sono impianti nucleari.
Raffaele Ricciardi – Venerdì di Repubblica – 21-5-13
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