Nello Stupore Generale C’è Una Sinistra
Che Vince
(Quasi Senza Volerlo)
“Daje!” urla Ignazio Marino dal palco di
Piazza di Pietra a poche ore dal netto successo che lo ha appena proclamato
sindaco di Roma. La piazza già brilla risponde urlando e ridendo al grido di
battaglia, incredula e mentalmente
Liberata
da quell’imprevisto, durato cinque anni, altrimenti detto”Gianni Alemanno”.
Marino
stringe mani e ride, oggi che ha vinto come nei giorni in cui Bersani aveva non
vinto e tutti, guardandolo, si chiedevano: “Ma che c’avrà da ridere questo?”.
Marino,
che il segno della V di vittoria lo faceva a beneficio del circo mediatico
anche nel momento più cupo del post elezioni, ospite all’apparenza avulso dal
contesto di quella surreale iniziativa del Pd “contro la povertà” realizzata a
Corviale negli ultimi giorni di segreteria Bersani, si è messo nei panni del
fratello allegro del Servillo segretario depresso di Viva la libertà, e a chi lo incontrava diceva: “Stavolta ti tocca
vincere”.
E
così alla fine è stato, oltre ogni stereotipo di leadership tradizionalmente
inteso (come fu per Pisapia), oltre ogni moderazione dettata dall’incombenza
del “Cuppolone”, oltre ogni radicamento romano forte di zero generazioni.
Dato
il trionfo alle primarie contro i più paludati Gentiloni e Sassoli, il
candidato che osò sfidare Bersani e Franceschini al congresso Pd, di quel
congresso è l’unico rimasto sulla breccia, sbaragliando ogni residuo
d’alemannismo dopo essersi scrollato di dosso al primo turno la minaccia
grillina.
A
margine di questa e delle altre 15 vittorie del centrosinistra contro nessuna
del centrodestra, un popolo abituato a delusioni più che a grandi imprese, dopo
aver collezionato master e lauree in “analisi della sconfitta”, si ritrova
imprevedibilmente alle prese con l’analisi della vittoria. Che è vittoria
monca, compiuta sulle macerie di un corpo elettorale dimezzato, ma è pur sempre
vittoria che ascrivere all’era Letta o al corso Epifani non avrebbe molto
senso.
Perché,
se Grillo piccona ogni giorno se stesso, se Berlusconi scompare dalle tv, se
Bossi e Maroni si insultano meglio di come farebbe un avversario, pur col
pensiero fisso ai 101 traditori di Prodi e del Pd, sono i candidati di sinistra
a sembrare mediamente più presentabili e sono li elettori di sinistra i più
ostinati e saldi alle intemperie.
E
così si vince perdendo meno degli altri, senza meritarlo davvero, quasi senza
volerlo. Si vince grazie al trionfo dello zoccolo duro della sinistra,
elettorato che al voto non rinuncerà mai, che magari dal Pd si sposta su Sel, ma che in quell’area resta,
fieramente consapevole di dover resistere soprattutto quando la gara per non
esistere sembra impossibile da sostenere. Sarebbe bello, per una volta, vincere
vincendo.
Diego
Bianchi – Venerdì di Repubblica – 21-6-13
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